Elisa gli aveva detto «no» E lui la massacrò in chiesa con tredici coltellate

L’approccio sessuale, il rifiuto, le coltellate. Sono i tre lati del triangolo maledetto all’interno del quale, secondo gli investigatori, è maturato l’omicidio di Elisa Claps, la ragazzina sparita a Potenza il 12 settembre 1993. Le avances di Restivo, il no di Elisa e la lama nella mano di Danilo che penetra per 13 volte nelle carne della studentessa. La Procura di Salerno che ieri ha disposto l’arresto di Restivo, 38 anni, l’omicida di Elisa, 16 anni, l’ha ricostruito così. Come la reazione d’impeto a un diniego che Danilo «non poteva» tollerare. Un’offesa bruciante che - nella mente disturbata di Restivo - ha appiccato l’incendio del raptus omicida.
Ieri i magistrati salernitani hanno spiegato i 4 punti-chiave che hanno portato alla firma del mandato di cattura per Restivo, attualmente in carcere in Inghilterra per il delitto della sarta Heather Barnett.
Primo. «Danilo Restivo - ha detto il procuratore capo di Salerno, Lucio Di Pietro - è accusato di omicidio volontario perché ha convinto Elisa a raggiungerlo in chiesa e dopo un tentativo di approccio sessuale l’ha uccisa con 13 coltellate e infine ha occultato il corpo con pietre e calcinacci nel sottotetto della chiesa della Trinità».
Secondo. «Per l’arresto di Danilo Restivo non è stato indispensabile il suo Dna: la Procura di Salerno era già in possesso di gravi indizi di colpevolezza».
Terzo. Dal 12 settembre 1993, giorno dell’omicidio, «il corpo di Elisa è sempre rimasto nel sottotetto della chiesa della Santissima Trinità di Potenza, dove poi è stato trovato. Elisa Claps è stata uccisa proprio la mattina del 12 settembre 1993, esattamente negli stessi luoghi in cui aveva incontrato Danilo Restivo».
Quarto. «Il cadavere di Elisa Claps non era completamente coperto, e qualcuno potrebbe aver portato via il materiale di risulta sotto il quale era stata seppellita».
Questo ultimo punto rimanda a un altro interrogativo fondamentale: l’assassino di Elisa fu aiutato da qualcuno?
Una domanda cui il procuratore capo di Salerno ha dato una risposta interlocutoria: «Al momento non posso fornire elementi esatti...». Formula che lascia ampi spazi per l’eventuale coinvolgimento di altri soggetti. Una rete di possibili complicità a cui fa spesso riferimento la famiglia Claps. Presunti «depistaggi e coperture» che sarebbero iniziati il giorno dello scomparsa di Elisa (il settembre 1993) per proseguire fino al giorno del ritrovamento (il 17 marzo scorso) del cadavere della studentessa nel sottotetto della chiesa Santissima Trinità. Di ciò è persuaso Gildo, il fratello di Elisa: «Siamo convinti che il ritrovamento del cadavere di Elisa è stata una messa in scena. Non sono chiare le circostanze del ritrovamento del 17 marzo. È evidente che sia avvenuto in precedenza e che quindi ci sono ombre, dubbi e sospetti che gravano su quanto è accaduto nella chiesa della Trinità. L’invito che abbiamo fatto al clero, e al vescovo in particolare, è quello di dire finalmente la verità su quanto accaduto». Un invito al quale si è aggiunta la discutibile iniziativa - da parte dei legali della famiglia Claps - di inviare una lettera al Papa.
Ma che possibilità ci sono che Restivo finisca presto in un carcere italiano? Lui è a tutti gli effetti un cittadino inglese e al momento si trova in una cella nel Dorset in attesa che il 24 settembre cominci il processo per l’omicidio di Heather Barnet.

Una circostanza che però non sembra preoccupare i magistrati salernitani: «Per portare Restivo in Italia non ci saranno difficoltà - ha assicurato il procuratore Di Pietro -. Ci siederemo a un tavolo con gli inglesi e troveremo un accordo sui tempi dell’estradizione. I protocolli internazionali saranno rispettati».
E ora, finalmente, la salma di Elisa potrà avere sepoltura.

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