Elkann, tristezze di Capodanno e filosofia della composizione

Alain Elkann, Giorno dopo giorno, Bompiani 2005, 157 pagine, 13,5 euro. Seconda parte.
Pagina 18: «A New York volevo vedere mio nipote Alessandro. Ogni giorno mi lasciava dei messaggi: “Oggi non posso, forse domani, ma forse vado a Philadelphia. Scusami, forse domani ci vediamo, ma forse devo stare tutto il giorno a un meeting”. In otto giorni non ci siamo mai visti».
Pagina 19: «Chiamo mio figlio Lapo che è senza voce: “Dove sei?”; “a casa, distrutto, ho perso la voce”; “vengo a Torino venerdì, ti vedo”; “no, vado a Bologna per il Road show, ma ti voglio bene”».
Pagina 67: «Mi telefona mio figlio Lapo. “Dove sei?”, chiedo; “In Australia”; “come stai?”; “da Dio”; “quando torni?”; “tra due giorni, vengo a Roma, ma non posso vederti”».
Pagina 51: «Si sentono i botti di capodanno, il mondo va avanti e si biascicano parole rituali di augurio. A Moncalieri ci sono Rosi, Giuseppe, Guido, Stefano e dalla televisione accesa sentiamo Maurizio Costanzo e Maria De Filippi che fanno il conto alla rovescia in un programma televisivo! È mezzanotte, brindiamo. Poi ci guardiamo un pezzo di un film, Totò in Egitto».


Pagina 101: «Lo scrittore deve pubblicare i suoi libri quando sono pronti, quando in quel libro si è detto quello che si doveva dire e lo si è scritto con un ritmo e con una lingua che il lettore possa capire. Il lettore deve entrare nel libro e non lasciarlo più finché non lo ha letto tutto».

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