Elogio della cozza, vessillo tricolore

La più lucida teoria politica sul ca­so italiano mi è stata rivelata ieri da uno spacciatore di cozze in Pu­glia: l'Italia, mi ha detto l'acuto cozza­ro, è come una cozza, si nutre d'impu­rità, vive di sporcizia e corruzione, ma quella è la sua indole e lì c'è il se­greto del suo sapore

Elogio della cozza, vessillo tricolore

La più lucida teoria politica sul ca­so italiano mi è stata rivelata ieri da uno spacciatore di cozze in Pu­glia: l'Italia, mi ha detto l'acuto cozza­ro, è come una cozza, si nutre d'impu­rità, vive di sporcizia e corruzione, ma quella è la sua indole e lì c'è il se­greto del suo sapore. E la cozza cruda fa male a chi è estraneo; chi ama la cozza è immune. Il cozzaro nero ha ragione: noi che denigriamo le cozze come il male assoluto, che le usiamo come sinonimo dispregiativo in sen­so estetico (dicesi cozza una ragazza brutta) e in senso etico (dicesi cozza­ro un uomo rozzo), dovremmo rivalu­tare il magnifico mitilo, gustoso sia in versione introversa (cozze in sou­té) sia in versione cabrio (cozze grati­nate), ma anche in versione villosa (cozze pelose) e promiscua (con gli spaghetti, detto il pranzo del cornuto perché la moglie lo prepara in fretta e può dunque dedicarsi al tradimen­to).
Lo dico sotto effetto di una tiella ba­rese, mitico piatto di riso, patate e cozze, che riuscirebbe a corrompere
anche Kant e la sua critica del giudi­zio, mentre passo da un paese a sud di Bari che si chiama appunto Cozze.

Ma lo dico pure nel ricordo dell'intifa­da pugliese ai tempi del vibrione (la guerra di liberazione delle cozze proi­bite nel '73), a toccanti serate per fe­steggiare le cozze d'oro di una sciala (i 50 anni di una gloriosa rivendita di cozze), e da indimenticabili mangia­te a base di cozze. Ma davvero la coz­za è la metafora del nostro Paese som­merso, nel bene e nel male. Erigiamo un monumento al Mitilo Ignoto.

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