È probabile che l’uomo morale alla lunga abbia ragione, ma è indubbio che l’individuo immorale nel frattempo se la sia goduta molto di più. Il primo, improntando i propri giudizi - non sempre i comportamenti - a un rigoroso ordine di princìpi morali, risulta di per sé una persona coerente, esemplare, difficilmente criticabile, pur rinunciando a una cospicua fetta di vita, recintata dentro rigidi steccati; il secondo, nel suo apparente rifiuto di qualsiasi norma etica, finisce invece col proporsi come una persona riprovevole, pericolosa, facilmente condannabile, proprio per la tendenza a non negarsi neppure uno spicchio di vita, spremuta fino alle estreme possibilità. E tutto ciò al netto della simpatia, quasi sempre riservata al secondo; e dell’ipocrisia, cui è sempre a rischio il primo.
Insomma, il moralista è un custode fedele delle «regole» alle quali improntare l’agire umano (anche se spesso è solo sterile fariseismo); mentre l’immoralista è un indomabile dissacratore delle «leggi» che regolano i rapporti sociali (anche se spesso è provocazione fine a se stessa). Guida insostituibile il primo, cattivo maestro il secondo.
Ma siamo sicuri sia davvero così?
Insomma... Pur senza conoscere Friedrich Nietzsche, anche ignorando André Gide e perfino senza aver visto il memorabile film con Alberto Sordi nei loschi panni dell’irreprensibile segretario dell’«Ufficio internazionale della moralità» di democristiana memoria, è facilmente intuibile quanto sia facile per la moralità incancrenirsi in un moralismo cieco e conformista, e quanto per l’immoralità rivelarsi al contrario un’utile critica al perbenismo falso e soffocante.
Intuizione che si trasforma in una quasi certezza («quasi», perché in dubbio veritas...) leggendo il saggio del filosofo Roberto Mordaci che inneggia, fin dal titolo, all’Elogio dell’immoralista (Bruno Mondadori).
Contro lo stucchevole moralismo a gettone dei maestrini che la sanno sempre più lunga, più buona e più giusta degli altri (Gad Lerner?), dei soloni prodighi di buoni consigli sull’arte e sulla vita, dispensatori di facili giudizi senza perdono (Roberto Saviano?), dei predicatori di un umanitarismo peloso, equo-ambientalista ed ego-solidale (Massimiliano Fuksas?), dei tribuni politicamente corretti nell’arte di giudicare, inflessibili nel condannare gli altri e indulgenti nell’assolvere se stessi (Antonio Di Pietro?), dei paternalistici sacerdoti del buonismo ecumenico e dell’egualitarismo astratto (cardinal Tettamanzi?), dei boriosi luminari del laicismo dogmatico e del determinismo scientifico (Piergiorgio Odifreddi?), contro tutti i giustizialismi politici, gli estremismi etici, i fanatismi ecologisti, contro l’intransigenza della religione scientista così come della fede anticlericale, un sano immoralismo - a volte - può rappresentare una boccata d’aria nelle asfittiche stanze del pensiero.
Da non confondersi, come spiega l’autore dello scomodo Elogio, con l’immorale, con il libertino o con lo scettico, l’immoralista in realtà si erge a campione di saggezza e di onestà ogni volta che scardina la «cultura del no» (quella ascetico-religiosa come quella laicista); quando mette in crisi la mono-cultura dei Grandi Cerimonieri del Sapere e della Morale: i Guru, i Maestri, i Critici, i maître-à-penser che tutti seguono ipnotizzati; quando si batte contro la trasformazione dei valori in idoli, o peggio, in ideologie; quando sferra i suoi funambolici colpi contro la paura del cambiamento e la paralisi dell’azione.
Ma chi potrebbero essere oggi, in Italia, questi saltimbanchi della morale e del pensiero, questi sovvertitori delle scale tradizionali di valori, nell’arte e nei comportamenti sociali? Roberto Mordaci, che ripercorre il lungo cammino della morale nei secoli, dai filosofi greci agli anti-eroi shakespeariani, da buon accademico rimane sul teorico, senza scendere nella pratica pettegola del fare nomi. E allora, ci proviamo noi.
Nel suo cavalcare lancia in resta contro i mulini a vento delle mostruose pale eoliche che stuprano la (rimanente) verginità del paesaggio italiano, sbugiardando le false purezze economiche ed ecologiste dei Verdi a energia alternata, Vittorio Sgarbi è uno splendido immoralista metodologico. Gigantesco nell’incoerenza delle conversioni a “U”, politiche ed etiche, Giuliano Ferrara, nella sua roboante e sofistica capacità di scassinare la cassaforte logica della coerenza politica, è un geniale immoralista teorico: la critica del muffoso moralismo corrente come pratica di libertà intellettuale e recupero dell’onestà verso se stessi. Romanzieri «totali» come Antonio Moresco e Walter Siti, nel loro granitico e ostinato perseguire un ideale di Letteratura Alta, senza cedere alle mode, ai ricatti editoriali e all’impegno prêt-à-porter dei salotti televisivi, sono degli immoralisti necessari: scrivono per restare, non per vendere. Oliviero Toscani, fedele al sacro motto secondo il quale «Il conformismo è il peggior nemico della creatività», nella sua spocchiosa (e furba) capacità di fissare in multicolor la faccia nascosta dell’ipocrisia, al di là dello shockvertising, è un immoralista della comunicazione. Così come per qualcuno Maurizio Cattelan, contro ogni arte comodamente «alternativa» e ogni tradizione decadente, nel suo erculeo (ed economicamente molto quotato, c’è da dire) sforzo di spezzare le gabbie restrittive e impersonali dell’etica e dell’estetica, si presenta come un perfetto immoralista ribelle. E, forse, Michele Serra - quando non si erge a noioso moralista ma si «abbassa» a restare un inimitabile umorista quale è -, nella messinscena grottesca delle contraddizioni di una certa morale dominante, perbenista e volgare, è un dissacrante esempio di immoralista satirico. O almeno così ci sembra.
Spiriti indipendenti e imprevedibili, alieni dal feticismo delle regole e allergici al servilismo dei tanti leccazampe di cui peraltro amano circondarsi, i veri immoralisti sono individui dal forte volere, incapaci di
sottomettersi all’opinione del gregge. Titanici nel loro ego, certo. Ma necessari per insegnarci, contro se stessi e contro tutti, a dubitare delle verità precostituite. A volte più pericolose di un sano, vitale immoralismo.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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