Udine - C'è l'accordo. I legali della famiglia Englaro hanno stabilito tutti i dettagli con la clinica friulana "Città di Udine". Un protocollo di natura legale che stabilisce le modalità per l’esecuzione a Udine della sentenza della Cassazione su Eluana. Il documento legale - anticipato oggi dal Messaggero Veneto e del quale si è avuta conferma in serata a Udine - è stato concordato al termine di una serie di incontri, che si si sono svolti a Milano e Udine e che si sono conclusi nella giornata di ieri. La donna di origine friulana, che da 17 vive in stato vegetativo, potrebbe così essere trasportata da Lecco a Udine. Nessun particolare è trapelato sui tempi dell’eventuale trasferimento.
Il trasferimento Eluana trascorrerà gli ultimi giorni a Udine. Dopo voci e smentite, l'accordo tra la famiglia della donna in stato vegetativo da 17 anni e la casa di cura "Città di Udine" è stato trovato. Nessuna conferma ufficiale, ma forse già domani ci sarà il trasferimento dalla clinica Talamoni di Lecco, dove Eluana è ricoverata. Ad accoglierla dovrebbe essere il primario udinese di rianimazione, il professor Amato De Monte, luminare di anestesia che da tempo era in contatto con il padre di Eluana, Beppino e aveva dato la propria disponibilità.
Lo stop del ministero In qualsiasi struttura del servizio sanitario pubblico, sia essa pubblica, convenzionata o privata abilitata, non è possibile interrompere idratazione e nutrizione ai pazienti che si trovano in stato vegetativo. Unica deroga, il fatto che questi trattamenti che non sono considerati "medicali, ma di assistenza" vengano rifiutati dal fisico del malato. È quanto il senso dell’atto di indirizzo generale che il ministro del Lavoro e della Salute, Maurizio Sacconi, ha inviato a tutte le Regioni italiane e che tiene conto del parere del comitato nazionale per la bioetica, della convenzione sui diritti delle persone con disabilità dell’Onu e dell’articolo 32 della Costituzione italiana.
Il caso Eluana Gli effetti di questo provvedimento sono evidenti sul caso di Eluana Englaro, anche se Sacconi ha ribadito più volte che "si tratta di un atto di ricognizione generale per fare chiarezza: era nostro dovere compierlo per non essere farisaici, non considerando l’incertezza che si sarebbe determinata nelle strutture del servizio sanitario nazionale". Le strutture che non si attengono a questo provvedimento compiono "un’illegalità" ha aggiunto Sacconi. In base a questo atto non sarà possibile interrompere l’alimentazione e l’idratazione per Eluana Englaro in strutture appartenenti al servizio sanitario nazionale. "Nel decreto della Corte d’appello del resto - ha sottolineato il sottosegretario Eugenio Roccella - non si parla di strutture pubbliche. Si danno delle indicazioni su un singolo caso ma non c’è il riconoscimento di un diritto".
La replica della famiglia L’atto di indirizzo del ministero della Salute "non vale niente, perchè la legge non la fa Sacconi". È deluso e irritato il legale della famiglia Englaro, Vittorio Angiolini, nell’apprendere l’ultimo atto di una querelle che pare infinita, e che riapre la questione della morte di Eluana dopo che la sentenza della Cassazione, autorizzando il distacco del sondino, sembrava aver posto fine alla drammatica vicenda. "Un atto di indirizzo interrogativo - attacca Angiolini -, ma così non ha senso, o Sacconi ordina ai medici, come fanno i generali, di curare o non curare le persone o stia zitto.
Mi sembra una cosa abnorme, i due precedenti citati (il parere del Comitato nazionale di bioetica e la convenzione dell’Onu sui diritti dei disabili) non c’entrano assolutamente niente con la nostra normativa. È un’uscita fuori dal seminato - conclude il legale - e mi stupisco di Sacconi che è una persona seria".- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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