Elusa da 20 anni la legge sui campi nomadi

Previsto il pagamento di una quota per gli allacci di luce e acqua

Marcello Viaggio

Le leggi sugli insediamenti nomadi nel Lazio ci sono. Regole, doveri e diritti. Tutto. C’è scritto che per fermarsi in un’area sosta sono i rom a dover sborsare di tasca propria qualche soldo. Che devono pagarsi, ad esempio, luce ed acqua. Che devono risarcire i danni eventuali. Che le Asl hanno obblighi precisi di vigilanza e assistenza sanitaria. Che per entrare nei campi sosta bisogna compilare dei moduli, con nome e cognome. Insomma, sembra di atterrare su Marte.
A dettare le norme è la Legge Regionale n. 82 del 24 maggio 1985. Valida per tutti i comuni del Lazio, anche e soprattutto per Roma. L’articolo 4 stabilisce le regole delle aree sosta: «Devono essere dotate di recinzione, servizi igienici, illuminazione, impianti di allaccio privato di energia elettrica e area gioco per bambini. L’unità sanitaria locale garantisce vigilanza e assistenza sanitaria. I rom che intendono accedere al campo sosta devono versare un contributo all’amministrazione comunale». La somma non è specificata, ma è importante il principio che i rom debbono pagare per usufruire della sosta. È mai capitato in questi 20 anni a Roma che qualche famiglia di nomadi abbia sborsato una somma sia pur piccola per entrare in un campo? Stesso discorso per l’Acea. La legge parla di allacci privati, come nei camping per intenderci: quanto incassa di luce l’azienda ogni anno? Purtroppo siamo a Roma, non su Marte.
Lo stesso articolo dice che «il campo deve avere una superficie non inferiore ai 2mila metri quadrati e non superiore ai 4mila». E aggiunge: «L’area deve in ogni caso essere Zona F di Piano regolatore, cioè zona per attrezzature speciali di uso pubblico. Qualora il comune intenda adibire a sosta aree con diversa classificazione, è necessaria l’approvazione di motivata variante allo strumento urbanistico generale». Insomma, dalla padella nella brace. La norma dice una cosa, la pratica un’altra: la maggior parte dei campi più o meno legalizzati sono sorti in modo spontaneo. Nella casualità più totale. L’articolo 9, infine, prevede la formazione di una consulta regionale.
A ulteriore regolamento di questa legge, a Roma i campi sosta attrezzati destinati ai rom andrebbero poi disciplinati dai vigili urbani. I dettagli sono specificati dalla delibera n. 117 del 3 giugno 1993 del commissario straordinario, all’epoca Voci. La delibera prevede «l’accesso alle famiglie rom al campo nomade solo con permesso di soggiorno, previa compilazione di un apposito modulo indicante le generalità dei nuclei familiari. La sosta è consentita previo pagamento di una somma a copertura di luce, acqua e servizi. Le famiglie sono responsabili della conservazione delle strutture, e coloro che provocassero danni sono tenuti al loro risarcimento.

La manutenzione delle attrezzature è a carico del Comune, che prevede, attraverso le Asl, la disinfestazione periodica del terreno e la derattizzazione». Inutile dire che sembra di sfogliare il libro dei sogni. Ma a questo provvede gratuitamente il Comune di Roma.

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