Emanuele: «Il “Terzo pilastro” liberi risorse per lo sviluppo»

Meno banche, più solidarietà. É questo l’imperativo che Emmanuele Emanuele, presidente della Fondazione Roma, in netto contrasto rispetto all’indirizzo intrapreso dalle principali Fondazioni bancarie, ha voluto applicare al suo istituto. L’aver interrotto definitivamente il rapporto con la banca conferitaria (Unicredit) gli ha permesso infatti di concentrare ogni energia nell’attività filantropica e di rilevanza sociale, al punto che lo stesso Giuliano Amato gli ha riconosciuto di essere stato l’unico che ha saputo interpretare appieno lo spirito della sua riforma del ’90, con la quale rivisitò il panorama bancario e diede vita alle fondazioni bancarie.
Oggi, Emanuele, prosegue nella convinzione che la Fondazione Roma, annoverabile tra le Fondazioni di diritto civile, grazie alla sua capacità progettuale e alle risorse di cui dispone, debba rappresentare un punto di riferimento per quelle idee e quegli interventi nel sociale che non trovano accoglienza da parte di altri soggetti economici. Grazie al principio di sussidiarietà introdotto dalla recente riforma dell’articolo 118 della Costituzione, infatti, finalmente anche i soggetti privati possono affiancarsi allo Stato per il soddisfacimento dei bisogni sociali.
Un principio che ricalca quanto Emanuele va sostenendo da tempo, e cioè che il «Terzo pilastro», quel variegato mondo del terzo settore che si pone a metà tra Stato e mercato e che costituisce il privato sociale nella sua multiformità, forte di circa 20 milioni di occupati in Europa, dei quali oltre un milione e 300mila in Italia, deve concorrere all’offerta di servizi e alla soluzione dei problemi della comunità, e può favorire concretamente una significativa riduzione della spesa pubblica, liberando risorse per lo sviluppo.
La possibilità che lo Stato riduca il proprio impegno e, conseguentemente, gli oneri in alcuni settori come la sanità, la scuola, i servizi alla persona, la cultura, a vantaggio dell’autonoma iniziativa della collettività in grado di garantire analoghe prestazioni è, a grandi linee, il progetto della «Big Society» proposta da David Cameron in Inghilterra in questo contesto di crisi, proprio per reagire ad essa senza ridurre le garanzie sociali.
E non è un caso se Emanuele ha avviato qualche giorno fa il primo dibattito pubblico su questo tema con un convegno dal titolo «L’esigenza di un Big Society in Italia», in cui sociologi, economisti, imprenditori e politici si sono confrontati sulla possibilità di applicare questa teoria anche nel nostro Paese.
«La possibilità di consentire ai cittadini, sulla base del principio di sussidiarietà, una nuova forma di partecipazione alla vita pubblica, che si esprime attraverso le autonome iniziative degli stessi per il conseguimento di obiettivi di interesse generale, è la nuova frontiera della democrazia e del benessere collettivo, ed è la sola soluzione oggi possibile», sostiene Emanuele, che con una buona dose di speranza aggiunge che «il ruolo del “Terzo pilastro” è fondamentale per costruire un moderno e sostenibile welfare delle opportunità, delle responsabilità e dei talenti, che sia in grado di garantire certezze di crescita e di sviluppo alle nuove generazioni».
La Fondazione Roma sembra orientata appieno al raggiungimento di questo obiettivo.

Impegnata in cinque aree di intervento (sanità, ricerca scientifica, istruzione, arte e cultura, assistenza alle categorie sociali deboli), si ispira totalmente ai principi di solidarietà e di sussidiarietà, per rispondere, in sinergia con istituzioni pubbliche e i soggetti privati più dinamici della realtà locale, nazionale e internazionale, ai bisogni di una società in perenne evoluzione.

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