«Emergenza democratica? Non scherziamo»

Mastella: «Il giustizialismo fa prendere qualche voto in più ma non serve a nulla. Facciano opposizione in Parlamento»

da Roma

L’Italia dei Valori ha portato in piazza la sinistra, i girotondini, Beppe Grillo, per denunciare che l’Italia è alla deriva. Segretario Mastella, partiamo da una premessa: viviamo davvero oggi un’emergenza democratica?
«Assolutamente no, non vi è nessuna emergenza democratica. E ho sempre espresso le mie perplessità, la mia totale contrarietà a manifestazioni del genere. Ci possono essere centomila ragioni per protestare, ma non è certo questa la strada da intraprendere».
Qual è quella giusta?
«La via da percorrere, l’unica corretta, è quella parlamentare. Magari attraverso un’opposizione molto secca, determinata, se si vuole non di stampo anglosassone. Ma è lì che bisogna proporre semmai un’azione alternativa».
Insomma, chi è andato a piazza Navona ha sbagliato?
«Guardi, cambio formula. Viviamo purtroppo in una fase di conflittualità estrema, roba che non avviene in nessun Paese del mondo. E a farla da padrone è la collera, la prevenzione, con una visione che definirei troppo intellettualistica. Ma ripeto, la piazza non può mai sostituirsi all’azione politica».
Peccato che il suo ex collega di governo, Antonio Di Pietro, non la pensi così.
«Già, lì il discorso cambia».
Perché?
«Perché chi intraprende quel percorso ha una visione egoistica».
Cioè pensa solo ad ottenere più consensi elettorali?
«Esatto. Ma il giustizialismo, è bene saperlo, non porta da nessuna parte. Magari ti fa prendere qualche voto in più, ma non avrà mai un effetto trainante maggioritario».
Quindi è controproducente?
«Sì, può magari creare eccitazione, temporaneo vigore. Una sorta di effetto-droga a termine. Ma con il giustizialismo non si vince mai».
Sarà, ma intanto il Pd sembra impaurito da questo «effetto» temporaneo, che può far perdere consensi.
«È possibile che questa strategia preoccupi il Pd, non c’è dubbio. Ma Veltroni deve andare avanti per la sua strada e agire, competere da grande. E non da piccolo partito».
Segretario, sembra in vena di consigli.
«Non mi permetto di dare suggerimenti. Ma posso dire come la vedo».
Dica pure.
«Se il Pd pensa all’immediatezza, rischia di essere primo nei tornanti, ma di perdere all’arrivo».
Cioè?
«È come in una corsa ciclistica. Se ti affanni troppo nelle curve, sballando rispetto al tuo ritmo naturale, alla fine non arrivi su. Invece, il Partito democratico, per arrivare primo al traguardo, deve mantenere il suo passo».
E dire che prima delle elezioni Veltroni e Di Pietro correvano fianco a fianco, pronti a gareggiare nella stessa squadra. Pardon, sicuri di voler formare un gruppo unico in Parlamento.
«Già, qualcuno non rispettò i patti. E il Pd commise un grosso errore, visto che alla fine regalò un gruppo di senatori all’Italia dei Valori. Senza accordo elettorale, infatti, sarebbero rimasti fuori in parecchi, come avvenuto per l’Udc».
Da ex Guardasigilli, come giudica le polemiche su «salva-processi» e Lodo?
«Non condivido la norma chiamata «salva-processi» e, per l’immunità delle principali cariche dello Stato, secondo me non basta un disegno di legge. Per il Lodo, infatti, servirebbe una revisione costituzionale».
Passiamo al capitolo intercettazioni. Qual è oggi la linea dell’Udeur?
«Quella di sempre.

Rappresentano uno strumento importante, ma vanno utilizzate con sobrietà per salvaguardare il singolo cittadino, la gente comune. Quindi, non solo i vip».
Ha una soluzione?
«Ripartire dal mio disegno di legge. Sarebbe difficile oggi, per l’attuale opposizione, non votarlo. Opponendosi, si smentirebbero».

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