Emoziona quell’esemplare Risorgimento gaelico

Nei grandi Festival, Ken Loach è uno dei rari registi di opere sempre da vedere, perché sono oneste, coerenti e schierate. A quarantadue anni dal primo film, il settantenne Loach ha ieri presentato in concorso al Festival di Cannes il suo film migliore: il titolo, The Wind That Shakes The Barley («Il vento che agita l’orzo»), viene da un verso di una canzone irlandese e alla questione irlandese è dedicato il film, scritto da Paul Laverty e coprodotto da Irlanda e Gran Bretagna. Infatti The Wind non scredita la Gran Bretagna, sebbene ne mostri il duro dominio; anzi la onora, perché è un britannico a riconoscerne responsabilità coloniali nella stessa Europa, che perdurano nell’Ulster, oltre che a Gibilterra, proprio mentre Londra si propone agli occhi del mondo come esportatrice di democrazia.
Si badi: The Wind non è un rifacimento di Michael Collins di Neil Jordan, che pure è irlandese e con questo film vinse il Leone d’oro e la coppa Volpi (per Liam Neeson, irlandese anche lui) nel 1996. The Wind ha ben altra impostazione e altro orientamento: mostra la fase finale e fratricida del Risorgimento gaelico dalla parte degli antagonisti irlandesi di Collins. E poi quello di Jordan era un film ideato per il pubblico americano di origini o simpatie irlandesi. Loach invece ha girato un film - meno spettacolare ma più acuto di quello di Jordan - a uso dei connazionali. Nello stesso tempo ha saputo rendere la vicenda esemplare e attuale: le analogie con quanto accade in altre aree dell’ex Impero britannico non sono puramente casuali.
Mentre Jordan raccontava soprattutto la «Pasqua di sangue» del 1916 e il riconoscimento di una semi-sovranità per l’Irlanda (meno l’Ulster) nell’ambito del Commonwealth, Loach si addentra nella guerra civile derivatane, fra la componente nazionalista e quella socialista. I personaggi principali di The Wind sono un medico (Cillian Murphy) schierato con questa ala, che sarà sconfitta nel 1921, e il fratello maggiore (Padraic Delaney), schierato invece coi nazionalisti. Un modo per portare nell’ambito di una famiglia il conflitto che divise in effetti chi a lungo aveva combattuto per il Regno Unito nelle trincee francesi e belghe della prima guerra mondiale; poi contro il Regno Unito nelle brughiere e nelle città irlandesi.
A una guerra di liberazione si connette quasi sempre una guerra civile. Ed è questa la parte più delicata da raccontare.

Il britannico Loach ha fatto con The Wind quel che nessun regista italiano ha saputo fare sulle origini del fascismo e sulle origini della Resistenza, i cui combattenti furono talora gli stessi, esattamente come accadde in Irlanda per le origini dell’indipendenza formale e sul tentativo di renderla sostanziale, sempre sotto la minaccia che l’invadente vicino si riprendesse quel che concedeva solo per dominare meglio.

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