La Libia «è pronta a entrare in altre banche» italiane. Ad affermarlo è Abdulhafid Zlitni, ministro della Pianificazione e presidente del Lia, il fondo sovrano di Tripoli, il quale definisce gli incontri dei giorni scorsi «unottima occasione» per individuare i settori dove investire in Italia.
«Abbiamo una liquidità altissima - ha precisato - e disponibilità per 80 miliardi di dollari». Per lItalia si potrebbe arrivare almeno al 10% della potenza di fuoco del fondo. «Siamo in Unicredit e cè stato un piccolo aumento della nostra quota da quando siamo entrati. Ma abbiamo dato la nostra disponibilità allingresso in altre banche». Non esistono al momento dossier specifici, ma la strada sembra segnata. In questo momento, spiega il ministro libico, «le banche sono in sofferenza per i problemi che tutti conosciamo, perciò le studiamo con attenzione. E può darsi che in questo quadro sia anche desiderio delle banche italiane cercare la nostra collaborazione». Quanto alla quota in Eni, «vogliamo salire, certo. LEni vuole investire in Libia 15 miliardi di dollari in petrolio, gas e infrastrutture, e vuole incrementare la capacità del gasdotto Greenstream. Intendiamo incrementare la nostra quota, di quanto dipenderà dai prezzi e dalle circostanze». Con queste dichiarazioni si chiude il fine settimana intenso dei libici in Italia. Dove è stato chiarito il forte rapporto instaurato con Mediobanca, grazie a Tarak Ben Ammar, socio e consigliere di Piazzetta Cuccia. La banca daffari guidata da Cesare Geronzi sarà una sorta di advisor a tutto campo per gli affari dei libici in Italia, e probabilmente verrà anche costituito un fondo da 250-300 milioni per investimenti in comune. Il tutto sullo sfondo del ritrovato accordo Italia-Libia, sancito dallintesa dellestate scorsa tra il premier Berlusconi e il colonnello Muammar Gheddafi.
Ma i fondi sovrani promettono di fare nuovi affari in Italia non solo partendo dalla Libia.
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