Economia

Energia, tra Italia e Francia la guerra continua

Il numero uno dell’Enel: «Non faremo operazioni ostili»

Angelo Allegri

da Milano

Il braccio di ferro tra Italia e Francia continua. E il summit sull’energia organizzato ieri a Parigi dalle Ambasciate dei due Paesi è servito soprattutto a mettere a nudo gli snodi fondamentali della guerra nel settore. A partire dall’ormai annoso tema della partecipazione di Enel al programma nucleare avanzato Epr. In un primo tempo i francesi avevano legato l’ingresso dell’ex monopolista italiano (con una quota del 12,5%) all’abolizione del tetto del 2% di Edf in Edison. Ottenuto l’obiettivo, ecco spuntare una nuova condizione ripetuta esplicitamente ieri: nessuna firma, ha detto il numero uno di Edf Pierre Gadonneix, se non si chiarisce il problema del tetto del 30% di Edf-Aem in Edipower, una delle cosiddette Genco, le società di generazione elettrica privatizzate dall’Enel qualche anno fa.
La legge aveva previsto per queste società un limite alla presenza di soci pubblici, fissato per l’appunto al 30%. Il controllo congiunto di Aem (municipalizzata) e Edf (saldamente in mani statali) farebbe saltare il limite. Antitrust e Autorità per l’energia italiana hanno aperto un’istruttoria congiunta. E questo non piace ai francesi.
A rifiutare però le possibilità di scambio tra i due temi è stato il ministro per lo sviluppo economico Pierluigi Bersani: «Non vedo nessun nesso: sono questioni del tutto diverse». Gadonneix, ha affermato Bersani nel corso della conferenza stampa al termine dell'incontro con il suo omologo francese François Loos, «è un grande attore del mercato della Penisola. Dovrebbe conoscere bene le norme italiane». Quello con Enel «è un accordo tra imprese mentre la normativa c'era e c'è a prescindere». In ogni caso, ha aggiunto Bersani, che ha annunciato per novembre un accordo con i francesi per lo smaltimento di scorie nucleari, «si tratta di un tema che non è nella mani del governo italiano, ma che spetta alle autorità valutare». Di circostanza le parole di Loos, che si è semplicemente augurato che la firma Enel e Edf avvenga il più presto possibile.
Quanto alla società guidata da Fulvio Conti, sembra reagire con tutta calma all’irrigidimento dei francesi. Da un lato, i tecnici italiani sono già operativi sul mercato francese (la società ritira e vende energia) e quello che manca è la formalizzazione delle intese. Dall’altro gli italiani non sembrano poi così ansiosi di versare i 300 milioni legati alla firma vera e propria. Il numero uno Conti ha tra l’altro ieri annunciato una serie di strategie alternative per un rafforzamento sul mercato francese. Se non ci faranno fare acquisizioni, ha detto, faremo degli investimenti diretti. A quanto pare l’azienda italiana avrebbe già individuato alcuni siti che potrebbero essere utilizzati per la realizzazione di centrali a gas. A parole Enel però non molla nemmeno sul fronte Suez-Gdf. Conti ha detto di aspettarsi che l’Unione europea applichi «il metodo spagnolo», mostrando lo stesso rigore evidenziato nella vicenda E.On-Endesa. In pratica: se fusione ci sarà l’Antitrust europea dovrà usare la mano dura imponendo la cessione di asset rilevanti. «Auspico che Bruxelles recepisca quanto proposto dal governo belga che ha chiesto di avere la possibilità di un mercato aperto a due-tre concorrenti con la creazione di due-tre genco da mettere sul mercato».
In ogni caso, però, Enel non ha intenzione di intraprendere iniziative ostili né in Francia né in Spagna. «Non voglio che Enel rimanga imbrigliata in una guerriglia legale in Paesi che non vogliono aprire i loro mercati», ha detto Conti. «Non voglio impegnare così i soldi degli azionisti».
Ai francesi Conti si è rivolto anche con un intervento pubblicato ieri mattina dal quotidiano economico Les Echos. «Il patriottismo economico penalizza i consumatori di energia», ha scritto. Quello che serve è «creare dei campioni europei».
Un appello a cui i determinatissimi manager delle società pubbliche francesi sembrano poco sensibili. Jean-François Cirelli, numero uno di Gaz de France, reduce da un accordo con la Camfin di Tronchetti Provera, che ha rafforzato la sua posizione sul mercato della Penisola, si è augurato di poter «lavorare di più con l’Italia». Quanto alla fusione con Suez Cirelli è arrivato a negare il suo carattere «francese» affermando che l’operazione si inserisce nella strategia di creazione di campioni transnazionali in quanto i due gruppi sono già europei. «Anzi è la prima operazione cross-border», ha detto sottolineando la forte presenza dei due gruppi in Belgio. «Certo i due patron sono francesi, certo vi sono stati discorsi di politici francesi, ma rimane il fatto che si tratta di un'operazione europea».

Quello dei francesi, aveva detto Conti, all’inizio del summit, è «apologia del monopolio».

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