La procura generale kazaka ha chiuso linchiesta contro il consorzio Karachaganak Petroleum Operating (Kpo), in cui opera litaliana Eni. Archiviate le accuse di frode fiscale e aumento dei costi per un totale di 1,3 miliardi di dollari, avanzate contro la società dallAgenzia Statale per la lotta al crimine economico e alla corruzione. Lo ha dichiarato un rappresentante della stessa agenzia.
Resta in piedi invece laltra indagine per «produzione di petrolio non autorizzata» (1,1 milioni di tonnellate nel 2008 e 94mila di gas condensato oltre la quantità concordata con il ministero dellEnergia), e conseguenti profitti illegali per 708 milioni di dollari. Così come la terza inchiesta per presunte violazioni delle norme kazake su immigrazione e lavoro, che potrebbe portare allespulsione dal Paese centroasiatico di alcuni impiegati della compagnia. Il management del consorzio era accusato di aver sovrastimato i costi di produzione nel periodo 2002-2007 e aver ricevuto introiti per la stessa somma. Una irregolarità rilevata da Kpmg ed Ernst&Young, poi confermata da esperti indipendenti. Il governo di Astana ha nominato una commissione speciale per verificare se Kpo avesse pagato tutte le imposte dovute ed effettuato altri versamenti obbligatori dal 2005 al 2009. Il giacimento di gas e petrolio condensato di Karachaganak, nel Kazakhstan occidentale, è uno dei più grandi al mondo. Ha riserve stimate in 1,2 miliardi di tonnellate di petrolio e 1,35 trilioni di metri cubi di gas. È sviluppato dal consorzio internazionale Kpo che include la britannica Bg-Group ed Eni con la stessa quota (32,5%), la statunitense Chevron (20%) e la russa Lukoil (15%). Da tempo la compagnia energetica di Stato kazaka, Kazmunaigas, punta ad acquistare quote nel progetto, come era già accaduto per il giacimento di Kashagan dopo analoghe rivendicazioni fiscali del governo verso il consorzio straniero.
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