Eni cala un tris in Brasile con gas, petrolio e biofuell

da Milano

Il Brasile è la nuova frontiera delle risorse energetiche e l’Eni sta guadagnando posizioni. La società guidata da Paolo Scaroni e l’azienda statale Petrobras hanno infatti rafforzato ieri la propria collaborazione, siglando un accordo per progetti congiunti nella produzione e raffinazione di petrolio e gas, e nella produzione e vendita di biocarburanti. La firma è avvenuta a margine del World petroleum congress a Madrid. Il Brasile dispone di riserve provate di petrolio per circa 11,5 miliardi di barili. Ma, sebbene Petrobras affermi che non si possano fare stime prima di completare i programmi di esplorazione, a quanto riferisce la stampa internazionale il governo ritiene che i nuovi giacimenti off-shore, individuati l’anno scorso, contengano tra i 50 e i 70 miliardi di barili, quanto basta a sorpassare la Russia nella classifica dei maggiori Paesi produttori. Inoltre, lo stato sudamericano è leader mondiale nel settore dei biocarburanti, ottenuto (pur tra le polemiche di chi imputa al fenomeno l’impennata delle materie prime agricole) dalla lavorazione della canna da zucchero.
L’accordo di ieri rappresenta lo sviluppo del protocollo d’intesa siglato all’inizio del 2007 in Brasile, per iniziative strategiche nell’estrazione e nella distribuzione. In campo petrolifero, l’intesa prevede l’esame di progetti congiunti per la raffinazione e la produzione di greggio. Ambito nel quale l’Eni fornirà la sua tecnologia esclusiva, denominata Est (Eni slurry technology), necessaria per la conversione dei residui e dei greggi pesanti tipici dei giacimenti brasiliani. Una metodica «già sperimentata in Congo», ha spiegato l’amministratore delegato dell’Eni. Rispetto al memorandum dello scorso anno, l’intesa prevede anche uno sviluppo nel campo del gas, dove il Brasile conta riserve per circa 320 miliardi di metri cubi e una produzione di circa 12 miliardi di metri cubi annui. È previsto che Eni e Petrobras avviino lo studio della valorizzazione delle riserve di gas naturale già scoperte off-shore da Eni, in particolare nel bacino petrolifero di Santos, un’area esplorativa che Eni si è aggiudicata di recente e nella quale ha ultimato, a fine 2005, il pozzo denominato Belmonte 1.
L’attivismo internazionale di Scaroni sembra peraltro raccogliere buoni risultati su un altro fronte: sempre ieri, infatti, l’amministratore delegato dell’Eni ha fatto sapere che i lavori nei maxigiacimenti kazachi del Kashagan (sui quali si era trascinata per oltre un anno disputa con le autorità di Astana) stanno procedendo a pieno regime e si è detto ottimista sulla possibilità di avere l’avvio della produzione entro il 2013. Scaroni ha avuto ieri anche un breve incontro con il ministro iraniano del Petrolio, Gholam Hossein Nozari.

A margine dell’incontro Scaroni ha spiegato che l’Eni ha «interessi specifici» in quell’area, con contratti firmati «già dal 2001, che proseguono tuttora e proseguiranno per molto tempo. Per noi è un cliente come tutti gli altri». Il capo dell’Eni ha però aggiunto che non intende per ora firmarne nuovi contratti, per rispettare le preoccupazioni della comunità internazionale.

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