Eni, petrolio dall’Irak Licenza per sfruttare un grande giacimento

Eni pomperà greggio da uno dei più importanti giacimenti dell’Irak, quello di Zubair, a Sud del Paese nell’area di Bassora. Il deposito ha riserve stimate in 4 miliardi di barili e, secondo cifre diffuse dal ministero iracheno del Petrolio, attualmente produce 190mila barili di petrolio al giorno.
Il gruppo italiano, alla testa di un consorzio di cui fanno parte anche l’americana Occidental Petroleum Corporation e la Korea Gas Corporation, si è aggiudicato la licenza per lo sviluppo del grande giacimento. Eni, dunque, è tra i primi gruppi a entrare concretamente nel business iracheno, prima ancora di colossi del calibro di Exxon e Shell. Il progetto prevede la perforazione di oltre 200 pozzi a olio, la costruzione delle facilities di trattamento e della necessaria rete di raccolta, nonché il riammodernamento degli impianti esistenti. Il contratto di servizio ha una durata di 20 anni, estendibili a 25, e prevede la partecipazione della compagnia di Stato irachena Southern Oil Company con una quota del 25 per cento.
L’assegnazione della licenza esplorativa del giacimento Zubair consolida il lungo rapporto di collaborazione tra Eni (più 0,46% a 17,4 euro ieri in Borsa) e l’Irak, che risale agli anni ’70, e permetterà al gruppo di crescere ulteriormente in termini di produzione e riserve. Eni, infatti, è leader nella regione mediorientale, dove è presente nella ricerca, nella perforazione, e nelle fasi di ingegneria e costruzioni. «Zubair è un bel boccone - ha commentato Paolo Scaroni, amministratore delegato di Eni - e vi dedicheremo tutto il nostro impegno per svilupparlo, quindi valuteremo se partecipare ad altre gare in Irak. Oggi è prematuro dire quale sarà il nostro appetito in futuro». Rispetto al progetto originario non è presente nel consorzio la società cinese Sinopec: «Il governo iracheno - ha spiegato Scaroni - ci ha chiesto di escluderla perché presente in Kurdistan. In questo progetto ci avvarremo, comunque, del supporto tecnico di Saipem».
Scaroni ha anche precisato che «l’accordo raggiunto con il governo «nel suo insieme soddisfa i requisiti di ritorno sul nostro investimento». Rispetto al primo round della gara, quando Eni aveva passato la mano per le condizioni poste da Bagdad, è infatti cambiata la struttura del contratto. «Oggi - ha aggiunto il top manager - accettiamo due dollari al barile di fee, perché sono cambiati molti altri aspetti del contratto.

Non si possono paragonare i 4,80 dollari che chiedevamo allora con i due dollari di oggi. È una sfida ambiziosa, dedicheremo tutto il nostro impegno a vincerla». Il contratto prevede un aumento della produzione dagli attuali 190mila barili al giorno a 1,125 milioni nell’arco dei prossimi sette anni.

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