Eni, primi 9 mesi in calo. Ma in Borsa tiene

SCARONI Per il numero uno sono comunque «positivi» i dati del terzo trimestre

La Borsa ha accolto con un tiepidissimo più 0,11% (dopo cali che hanno raggiunto il 3%) i dati del terzo trimestre e dei primi nove mesi dell’anno del gruppo Eni: tutti in calo. Ma è l’intero settore dell’energia a fare i conti con un mercato difficile: ieri sia Shell (che licenzierà 5 mila persone) che Exxon (che ha visto crollare i profitti) hanno diffuso i loro risultati, certamente non più brillanti di quelli del colosso italiano.
I dati del bilancio Eni indicano un calo su tutto il fronte degli utili: il risultato netto del trimestre è sceso del 57,8% a 1,24 miliardi di euro, mentre nei nove mesi, si è attestato a 3,98 miliardi di euro (-59%). L’utile operativo adjusted (aggiornato secondo gli standard internazionali) è calato nel trimestre del 49,7% a 3,12 miliardi, mentre nei nove mesi è sceso del 46,7%. La flessione, ha spiegato il gruppo nella nota di bilancio, è dovuta al peggioramento della performance del settore Exploration & Production a causa della caduta del prezzo del petrolio e del gas, nonchè del calo dei margini di raffinazione nel downstream petrolifero.
L’amministratore delegato, Paolo Scaroni, trova comunque «positivi» i dati del trimestre, «nonostante la flessione della domanda e dei prezzi degli idrocarburi». In effetti i dati hanno superato le attese del mercato e per questo il titolo a Piazza Affari ha chiuso in netto recupero rispetto alle prime reazioni.
Anche il fondo attivista Knight Vinke, che sta premendo per la separazione della rete di trasporto del gas, ha speso parole positive per i dati di bilancio, ma fa notare «che la leva finanziaria è salita dal 38% al 42%, nonostante il taglio del dividendo apportato nei mesi scorsi, e questo mette in evidenza i vincoli finanziari cui è soggetto il gruppo».
A pesare sul giudizio del mercato la revisione al ribasso delle stime sulla produzione per l’intero 2009. Se ancora a luglio, all’approvazione della semestrale, l’ad Paolo Scaroni aveva previsto una crescita dell’output, oggi Eni ha parlato di un «livello produttivo sostanzialmente invariato rispetto al livello di 1,797 milioni di boe/giorno ottenuto nel 2008».
Secondo alcuni analisti, ha destato preoccupazione anche quanto dichiarato dal direttore finanziario, Alessandro Bernini, nel corso della conference call, quando ha detto che il saldo del dividendo sarà «almeno pari» ai 50 centesimi versati come acconto in settembre. In questo caso la cedola complessiva sarebbe intorno a un euro: si tratterebbe, in questo caso, di un netto taglio rispetto agli 1,3 euro pagati per l’esercizio 2008.
Eni al momento preferisce concentrarsi sugli ultimi successi: ieri ha annunciato la scoperta di un «nuovo importante» giacimento in Angola, mentre domenica arriverà la firma dell’accordo preliminare con l’Iraq per il maxi-giacimento di Zubair.

Il capo della divisione E&P, Claudio Descalzi, ha spiegato che la decisione di Eni di accettare una commissione di 2 dollari a barile, contro i 4,8 dollari richiesti in precedenza, è legata al cambiamento dei termini del contratto e in particolare alla riduzione del carico fiscale nei confronti di Eni: in base al nuovo accordo, la nuova «fee» equivale in tutto e per tutto a quella richiesta in precedenza.

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