Eni, Tripoli precisa: «Per petrolio e gas nessuna revisione»

Il giallo dei contratti Eni-Libia, scoppiato negli ultimi giorni dell’anno, è stato chiarito ieri con un comunicato dell’ufficio del capo del governo di Tripoli, Abdel Rahim al-Kib. Nei giorni scorsi, dopo un incontro tra l’ad di Eni, Paolo Scaroni, ed esponenti del governo libico, si era fatta strada l'ipotesi che Tripoli intendesse sottoporre a revisione i contratti relativi all’estrazione di idrocarburi sottoscritti durante il regime di Gheddafi. Eni aveva ribattuto, invece, che le revisioni avrebbero riguardato soltanto dei rapporti di sostegno sociale con il Paese nordafricano. Ma molti interlocutori avevano colto la discrepanza tra le affermazioni libiche e quelle italiane.
Ieri, il chiarimento, non si sa se espressamente richiesto dal gruppo petrolifero o diffuso spontaneamente. «Per non far confusione, le attività che saranno oggetto di revisione, sono i progetti di sviluppo sostenibile compresi nel memorandum d’intesa siglato da Eni con la Libia - si legge nella nota diffusa dall’ufficio di Abdel Rahim al-Kib -: gli accordi su petrolio e gas non saranno interessati». Già Eni aveva precisato, il 29 dicembre, che i contratti oggetto di revisione non avevano «nulla a che fare con il petrolio o con il gas naturale», ma che si trattava di «iniziative in materia sociale». E che in ogni caso i contratti in essere sono sottoposti alle regole del diritto internazionale. Eni è il primo estrattore di petrolio e di gas in Libia, dove è presente da più di cinquant’anni.


Prima del conflitto, la quantità di produzione era di 280mila barili di olio equivalente al giorno; azzerata dalla guerra, oggi è tornata a 200mila barili sui complessivi 1,8 milioni estratti giornalmente da Eni in tutto il mondo.

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