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iPhone in abbonamento: così Apple guadagna ancora di più sui suoi prodotti

Mentre Counterpoint ricostruisce il costo industriale di un iPhone, Apple starebbe pensando alle vendite in abbonamento. Il mercato va verso la saturazione e Cupertino reinventa

iPhone in abbonamento: così Apple guadagna ancora di più sui suoi prodotti

Dagli Stati Uniti arrivano due notizie che, in realtà, sono una parte integrante dell’altra: la prima riguarda il costo di produzione di un iPhone 14 Pro Max da 128 Gb e la seconda è il piano di Apple di "vendere" gli iPhone tramite abbonamento. Non è un leasing e neppure una vendita rateale, gli smartphone rimarrebbero di proprietà di Apple e chi ne fa uso ne deterrebbe soltanto il possesso.

C’è da capire, unendo i trend di mercato e la durata media di uno smartphone ai dati relativi ai costi di produzione, perché Apple è disposta ad abbracciare la subscription economy.

Il costo di un iPhone

L’azienda di indagini di mercato Counterpoint ha stimato che un iPhone top di gamma ha un costo di produzione pari a 474 dollari (441,57 euro al cambio attuale). In Italia, il prezzo ufficiale dell’iPhone Pro Max da 128 Gb di storage interno è di 1.489 euro, il che significa che il ricarico totale è di circa 1.050 euro.

Il costo industriale tenderà ad aumentare sempre più, perché i prezzi dei materiali lievitano, la tecnologia avanza e la ricerca si fa sempre più agguerrita.

La concorrenza con Samsung

Durante il 2022 il mercato degli smartphone si è contratto. Xiaomi e Apple sono stati gli unici produttori in controtendenza ma il 2023 preoccupa tutti, anche Cupertino (luogo della sede principale di Apple). Infatti, sul mercato sta succedendo qualcosa che penalizza Apple e che si cristallizza nella risposta di Samsung ai dispositivi con la Mela: il Galaxy S23 Ultra nella sua configurazione massima (1 Terabyte di spazio di archiviazione) costa 1.899 euro, mentre l’iPhone Pro Max (sempre da 1 Terabyte) costa 2.139 euro, ossia 250 euro in più. Si tratta di due dispositivi diversi tra loro ma capaci di spaccare il mercato e che entrano in concorrenza diretta, dando a Samsung il vantaggio del prezzo.

Cupertino avrebbe quindi tre problemi: smarcarsi da Samsung, affrontare l’aumento dei costi di produzione senza proporre prezzi di vendita ancora più distanti da quelli della casa coreana e tenere alti i profitti.

Le vendite in abbonamento

L’idea, secondo Appleinsider, sarebbe quella di vendere gli iPhone in abbonamento. Apple punterebbe alla subscription economy già a partire dal mese di marzo, introducendo questa opzione, almeno inizialmente, solo negli Usa. La regola è semplice: i prodotti della subscription economy non si comprano, si compra invece il diritto di usarli versando un abbonamento mensile.

Il cliente utilizza il prodotto che rimane però di proprietà del produttore e, a seconda delle politiche commerciali, può restituirlo dopo un periodo prefissato e rinunciarvi del tutto oppure continuare a pagare l’abbonamento per usare un prodotto più evoluto. Nella subscription economy, a differenza del leasing o della vendita rateale, non c’è un momento in cui il cliente diventa proprietario del bene.

Apple garantisce un ciclo di vita dei propri prodotti fino a 6 anni, immaginiamo quindi un periodo d’uso medio di 3 anni e facciamo un calcolo approssimativo (non sono ancora note le eventuali politiche di abbonamento di Apple) partendo dall’iPhone 14 Pro Max da 128 Gb il cui prezzo di vendita, già citato in apertura, è di 1.489 euro.

Ipotizzando un abbonamento da 50 euro mensili per tre anni, Apple incasserebbe 1.800 euro, quindi più dei 1.050 euro del margine attuale. È vero che si tratta in ogni caso di un margine teorico perché, di norma almeno, i contratti della subscription economy scaricano sul produttore costi di manutenzione e riparazione ma, a prescindere da ciò, è evidente il tornaconto di Cupertino.

Non da ultimo, nella subscription economy, i prodotti restituiti dai clienti vengono di norma reinseriti nel mercato secondario e venduti a prezzi vantaggiosi. Altra fonte di reddito, in qualche modo residuale, che proviene da ciò che ha già prodotto reddito per un lungo periodo.

La fine dello status symbol?

All’inizio del 2023, considerando il flop dell’iPhone 14 Plus, abbiamo abbozzato l’ipotesi della fine dello status symbol che storicamente caratterizza i prodotti di Cupertino: chi li possiede mostra un certo tenore di vita e anche una certa predisposizione all’eleganza dell’hardware e del software.

Con la cessione in abbonamento, Apple si sgancia dunqe dall’elitarismo e diventa popolare, aumentando la base clienti rinunciando a un modello di business che, evidentemente, non tiene più il passo con le esigenze del mercato.

Non va inoltre dimenticato che Apple è quotata in borsa e gli azionisti vogliono risultati (dividenti) sempre più corposi rispetto a quelli passati.

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