
Immaginate se un giorno vi svegliaste e scopriste che vostra nonna, quella che pensava che “streaming” fosse una forma di pesca, ha aperto un canale YouTube in cui legge a caso articoli di Wikipedia con una voce sintetica brasiliana, sopra immagini sfocate prese da Pinterest, e ci guadagna anche.
Immaginate un tizio, magari quello che al bar confonde l’Intelligenza Artificiale con l’IVA, che crea un canale di notizie true crime generate interamente da un bot sadico, storie inventate, dettagli morbosi, colonna sonora drammatica finta Hans Zimmer e milioni di visualizzazioni da gente che crede di informarsi.
Immaginate uno che non sa suonare, non sa cantare (ok, questo però la fanno tutti, testi e canzoni con l’Ai e se non sanno cantare ci pensa l’autotune, e appena si disattiva l’autotune restano muti come pesci su un palco), non sa neanche cosa sia una scala musicale (per lui Do è solo l’inizio di “Don’t Stop Believin’”), che però grazie all’IA si crea il suo album di “musica rilassante per il colon” e monetizza su YouTube ogni flatulenza generata in 432Hz.
Insomma, immaginate tutta questa gente, questi poeti del nulla automatizzato, questi sciacalli del contenuto senza contenuto, questi artisti del copia-incolla digitale, questi profeti della voce sintetica commossa, questi economisti dell’algoritmo triste, che si indignano pure se YouTube osa dire: “Scusate, ma magari non vi paghiamo più.” È esattamente quello che sta succedendo.
Dal 15 luglio 2025, YouTube aggiorna le regole della monetizzazione e dice basta ai contenuti “non autentici”, in particolare quelli creati in serie con l’IA. . In pratica, dice basta a chi non ha nulla da dire ma pretende comunque di monetizzarlo. E lo chiamano “aggiornamento minore”.
In realtà è una rivoluzione silenziosa, un meraviglioso colpo di stato contro l’idiozia automatica. È come se YouTube avesse detto: ci dispiace, ma la stupidità seriale non è più un modello di business. Oh certo, non stanno bannando l’IA (non sono mica matti), stanno dicendo che se fai video senza metterci almeno un’idea, un’intenzione, un’esistenza, almeno un grammo di neurone acceso, allora no, non ti meriti di guadagnarci. Bravissimi.
Perché chi usa l’IA per amplificare il proprio talento fa una cosa, chi la usa per sostituire il proprio vuoto interiore e trasformarlo in clip da 15 secondi con titoli clickbait e musichette epiche è un parassita. YouTube, che spesso abbiamo accusato di favorire la mediocrità algoritmica, ora fa una cosa impopolare ma sensata: difende i contenuti autentici. E io applaudo. Sì, proprio io. Bravo YouTube: stai dicendo a milioni di inutili generatori di “AI slop” che non basta più spingere un bottone per essere creatori. E che, sorpresa, non è detto che tutto debba sempre diventare un mestiere.
Anche se sei riuscito a generare il tuo video con un prompt tipo: “fingere di sapere qualcosa + musica epica + voce tipo Morgan Freeman stanco”, non è detto che tu abbia diritto a uno stipendio. Se ci tieni tanto, vai su TikTok, là pagano pure le allucinazioni.