Entro il 21 settembre l’imputato raggiungerà i suoi tre complici detenuti in Gran Bretagna: il processo dovrebbe cominciare il prossimo gennaio Sarà estradato Hamdi, il kamikaze di Londra La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso dell’etiope arres

Secondo i giudici romani non sta in piedi la tesi dell’«atto dimostrativo»

Claudia Passa

da Roma

Come sarebbe andata a finire lo si era capito già in mattinata, quando ad attendere il verdetto della Cassazione sull’estradizione in Gran Bretagna di Hamdi Adus Issac sono arrivati una delegazione di Scotland Yard, il magistrato di collegamento fra Italia e Gran Bretagna Sally Cullan, e persino - fra gli agenti di «presidio» - i poliziotti italiani che il 29 luglio avevano arrestato a Roma il «quarto uomo» del fallito attacco alla metropolitana di Londra. Antonietta Sonnessa, avvocato del presunto terrorista etiope, è rimasta fuori dalla porta, non abilitata a ricorrere presso la Suprema Corte. Paolo Riboulet, il cassazionista che aveva firmato le dieci pagine di ricorso dopo il via libera della Corte d’Appello all’estradizione, non era presente. E le ultime (flebili) speranze per Hamdi di sfuggire alla giustizia britannica sono crollate quando il procuratore generale Gianfranco Ciani ha chiesto il rigetto del ricorso del mancato kamikaze del 21 luglio.
La camera di consiglio è durata un’ora e mezzo, tre ore dopo il verdetto: Hamdi va estradato. Una settimana al massimo, ed entro il 21 settembre (così ha deciso la Corte d’Appello) l’etiope si imbarcherà per Londra, dove un magistrato del Crown Prosecution Service valuterà se sussistono esigenze cautelari (che con l’accusa di terrorismo appaiono piuttosto scontate). A novembre lui e gli altri imputati per il fallito attacco alla tube saranno convocati per l’udienza preliminare. A gennaio potrebbe iniziare il processo.
Hamdi ha ammesso subito il suo coinvolgimento nel fallito attacco del 21 luglio, ma ha sempre parlato di «atto dimostrativo». Ma nelle cinque pagine della sua requisitoria, il pg Ciani ha smontato punto per punto il suo ricorso contro l’estradizione. L’esplosivo che l’etiope portava nello zainetto-bomba, alla stazione Shepherd Bush, era «ad elevato potenziale – si legge nella memoria di Ciani -, ancorché di facile preparazione con materiali agevolmente reperibili in commercio». Eventuali approfondimenti in Italia sarebbero «lesivi degli accordi internazionali» e della «sovranità dello Stato estero». Le «preoccupazioni» di un processo non equo in Gran Bretagna, condizionato dall’allarme terrorismo e dalla ferita delle bombe del 7 luglio, «sono uno strumentale espediente difensivo» visto «l’elevato grado di tradizione e civiltà giuridica dello Stato richiedente, patria della Magna Charta, nonché la professionalità dei suoi apparati giudiziari».
L’avvocato Sonnessa ha preferito non commentare il verdetto, in attesa delle motivazioni che dovrebbero essere depositate questa mattina. Grande soddisfazione, invece, per l’avvocato Paolo Iorio, che nel procedimento ha rappresentato la Gran Bretagna con le cui istituzioni vanta un lungo rapporto di collaborazione. Iorio ha liquidato i timori di un processo «non sereno» in Gran Bretagna: «Il Regno Unito ha il più alto costo, in Europa, per spese di giustizia – ha spiegato -. Alcune paure sono del tutto ingiustificate. Hamdi sarà difeso a carico dello Stato, e avrà uno dei migliori avvocati».
L’etiope ha atteso la sentenza dietro le sbarre del carcere di Rebibbia, dov’è recluso in custodia cautelare, accusato dalla procura di Roma di terrorismo internazionale e detenzione di documento falso. Dopo la rocambolesca fuga in treno da Londra, via Parigi, Milano e Bologna, dopo l’arresto alla periferia di Roma in casa del fratello Remzi (anche lui sott’inchiesta per documenti falsi), i pm antiterrorismo Franco Ionta e Pietro Saviotti hanno infatti avviato le indagini per accertare se a coprire la sua (breve) latitanza fosse stata una «rete» di contatti familiari o una vera e propria struttura terroristica operante nel nostro Paese.

L’inchiesta capitolina sarebbe destinata all’archiviazione in tempi brevi, subito dopo la consegna ai pm dell’ultima informativa della Digos. «Definiremo presto la posizione di Hamdi – spiegano a piazzale Clodio -. Certamente entro il 21 settembre».

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