nostro inviato a Washington
Dal vertice di Washington «non arriveranno soluzioni definitive», tanto che «ci sarà un'altra riunione tra cento giorni, a metà febbraio, e lì daremo il via a nuove regole della finanza e dell'economia» in quella che «sarà una nuova Bretton Woods». Quando Silvio Berlusconi incontra i giornalisti all'Hotel Hay Adams di Washington in Italia è notte fonda. All'apertura del summit economico con i grandi della terra manca qualche ora e pur non nascondendo i rischi di «una crisi che sta per riversarsi sull'economia reale», il premier insiste sulla necessità di «mantenere alta la fiducia».
Anche la situazione italiana, certo, non fa dormire sonni tranquilli perché i dati Istat mostrano che «ormai siamo in recessione tecnica». La strada intrapresa, però, è quella giusta. E nonostante il debito pubblico «incida molto sulle possibilità di manovra dell'esecutivo», il governo «ha intenzione di approvare la prossima settimana un provvedimento a sostegno di famiglie e imprese». Al vaglio c'è più di una soluzione e Tremonti - anche lui a Washington - sta verificando quale sia la via più fattibile.
Dal G20 di Washington («si sono aggiunte anche Spagna e Olanda e questo summit rappresenta l'82-83% dell'economia globale e oltre il 63% della popolazione mondiale», spiega Berlusconi) il premier si attende dunque che vengano prese misure per «rendere più trasparenti i mercati» e per avere «maggiori controlli». Il tutto, però, «senza cadere nell'eccesso di uno Stato invasivo e del protezionismo» ma «nel quadro della tutela del libero mercato».
Sul fronte interno, invece, Berlusconi torna sui cortei contro la riforma scolastica. L'argomento gli sta a cuore, tanto che appena atterrato a Washington s'è fatto aggiornare da Gianni Letta durante una lunga telefonata. E i numeri della protesta l'hanno di molto sollevato. L'esito, spiega ai cronisti, «è stato molto al di sotto delle aspettative». La «conferma», secondo il premier, che «la maggioranza degli italiani è con noi» e «vuole una scuola migliore». Il problema, aggiunge, è che «la televisione pubblica e non solo sta facendo sui temi della scuola e dell'università» una «totale disinformazione». Il decreto Gelmini, infatti, «non prevede alcun taglio» né «alcun licenziamento». Mentre, spiega, introduce il grembiulino («perché non ci sia una differenza abissale tra chi può permettersi di andare a scuola griffato e chi no»), il voto unico e il voto in condotta. Tanto è convinto delle sue ragioni il premier che - confidava ieri ad alcuni suoi collaboratori - forse «è arrivato il momento che vada di persona in televisione a spiegare chiaramente come stanno le cose» anche perché «la sinistra sta facendo una comunicazione a senso unico che ha il solo intento di ribaltare la realtà». La stessa tentazione la aveva avuta qualche mese fa mentre infuriava la polemica sulla giustizia. D’altra parte, di una piazza che considera «sempre più strumentale», il Cavaliere è stanco, tanto che con Bonanni e la Cisl si sta ragionando all’ipotesi di un nuovo Patto per l’Italia, anche in chiave anti-Cgil.
Sul fronte Rai, invece, dà il suo appoggio alla «linea seguita dai gruppi parlamentari» del Pdl. «Una risposta - dice - assolutamente corretta e efficace». D'altra parte, spiega, sulla Corte costituzionale la maggioranza ha seguito le indicazioni dell'opposizione e ha cambiato candidato. E visto che Orlando «non è equilibrato né adatto a un organo di garanzia», aggiunge, «pensavo che loro facessero lo stesso» mentre «hanno deciso di non darci alternativa». Di qui, quella che il premier definisce «una scelta pragmatica» per evitare di andare avanti nell'impasse sulla Rai che va ormai avanti da mesi.
Prima di congedarsi in vista dell'incontro con gli altri leader alla Casa Bianca - il summit si chiude oggi e Berlusconi ripartirà direttamente per l'Italia nonostante la tentazione di fare un salto a salutare la famiglia che è a New York - il Cavaliere torna anche sui rapporti tra Usa e Russia.
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