Eredità Agnelli, il fisco bussa alla cassaforte del gruppo

La lite sull’eredità Agnelli si sta rivelando un boomerang. Margherita, figlia di Gianni Agnelli, rivendica il diritto di conoscere l’esatta dimensione del patrimonio paterno, e sostiene, da tempo, che esisterebbe un tesoro del valore ipotizzato tra 1 e 2 miliardi di euro, nascosto in casseforti estere non identificate. Mentre la vicenda legale sta procedendo con i tempi della giustizia (il tribunale di Torino deciderà il 12 novembre se dar corso alla richiesta di Margherita di conoscere l’esatta entità del patrimonio paterno), le dichiarazioni della signora De Pahlen hanno suscitato l’interesse del fisco, che da tempo ha drizzato le orecchie e si è attivato per accertare, a sua volta, l’esistenza di tale tesoro, presumibilmente nascosto in Svizzera. Se anche hanno lo stesso obiettivo, gli interessi delle due indagini sono opposti: Margherita vuol scoprire l’esistenza dei fondi per far valere il suo ruolo di legittima erede (è l’unica figlia superstite di Gianni Agnelli, dopo la scomparsa di Edoardo); il fisco intende capire se ci sia stata costituzione di fondi all’estero ed evasione fiscale; e nel caso di reati, entrerà in gioco la Procura. Qualcuno ha provato a fare dei calcoli (per ora soltanto ipotetici), venendo alla conclusione che tra tasse evase e sanzioni le casse dell’erario italiano potrebbero incassare una cifra pari a quella dello stesso tesoro occultato: sarebbe un’autentica beffa, oltre che un danno colossale per chi fosse riuscito a dimostrarne l’esistenza.
L’altra mattina un gruppo di funzionari dell’Agenzia delle Entrate di Torino, su incarico della direzione centrale, si è presentato negli uffici della Giovanni Agnelli accomandita per azioni (sapa), la cassaforte dell’intero gruppo, che ha sede in Corso Matteotti, negli stessi locali dell’Exor (l’ex Ifil), la holding industriale del gruppo. Essi hanno chiesto di accedere a documenti relativi agli ultimi dieci anni di attività: perché è di dieci anni fa l’Opa di Ifil sulla lussemburghese Exor, operazione alla quale le ricostruzioni dei consulenti di Margherita Agnelli fanno risalire la costituzione di fondi anonimi, dietro ai quali secondo la loro tesi si sarebbe nascosto lo stesso avvocato Agnelli.
Si tratta di funzionari - cinque o sei in tutto - specializzati nella lettura di bilanci e di documenti societari; esperti tecnico-finanziari alle prese con una mole di documenti molto complessi. A loro è stata data ospitalità in una stanza, e non è ipotizzabile la durata del lavoro avviato. Si tratta di un accertamento preliminare dell’Agenzia delle Entrate che potrebbe sfociare in un’eventuale segnalazione alla Procura: sempre che, ovviamente, siano trovati fondamenti alle tesi della costituzione di un tesoro nascosto e dei reati a questo connessi. Infatti - si fa notare - le accuse di Margherita non sono state accompagnate né da prove né, almeno, da indizi.

Se sarà il fisco a trovarli, scatteranno azioni che forse l’erede e i suoi consulenti hanno sottovalutato.
Solo un paio di settimane fa, il 7 ottobre, Margherita Agnelli era stata ascoltata dai funzionari dell’Agenzia delle Entrate di Torino, nella sede di via Vinzaglio.

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