Gli eroi della Resistenza cancellati dai comunisti

Nel libro di Ugo Finetti i personaggi della guerra civile che il Pci ha deliberatamente eluso

Gianteo Bordero

«La Resistenza cancellata», ovvero tutte quelle cose che la storiografia ufficiale non dice a proposito di protagonisti della resistenza che ebbero il solo «torto» di non schierarsi sotto le bandiere rosse del Partito comunista italiano.
A questa «resistenza cancellata» ha dedicato un pregevole libro (pubblicato da Ares nel 2003) lo storico e giornalista Rai Ugo Finetti, ospite sabato sera dei Bagni Liguria di Sestri Levante, per una conferenza organizzata dal centro culturale «Umana Avventura».
Finetti parte dalla constatazione che, a differenza della vulgata che va per la maggiore, tendente ancora oggi a semplificare gli avvenimenti storici in nome dei residui dell’ideologia, la resistenza è stata un fenomeno complesso. Di conseguenza, non è possibile formulare un giudizio storico lucido se non si tiene conto di tutti i fattori in gioco che, tra il 1943 e il 1945, cooperarono alla lotta contro il nazismo ed il fascismo.
Per sessant’anni - dice Finetti - vuoi per meriti propri, vuoi per demeriti altrui, sui libri di scuola, nelle università, tra le pagine dei maggiori giornali italiani l’unica lettura storica legittimata a parlare e a porsi come autorevole è stata quella legata al Pci.
Anche una certa letteratura «revisionista» - spiega facendo riferimento ai libri di Pansa - ha raccolto spunti e ricerche già presenti da lustri, censurati dalla cultura «mandarina» e sopravvissuti, come in una specie di samizdat, grazie a piccole case editrici non conformiste.
Entrando nel merito della ricerca condotta da Finetti, scopriamo tutta una serie di nomi e di storie finite nel dimenticatoio, ma non per questo meno eroiche di quelle dei partigiani «rossi».
Troviamo la storia di Alfredo Pizzoni e Raffaele Cadorna. Il primo, liberale, lasciò la sua brillante carriera di finanziere e divenne leader del Cln dell’Alta Italia, rianimando la resistenza nel difficile inverno del ’44. Il secondo, generale dell’esercito italiano agli ordini del Duce, se ne distaccò e, portando con sé molti dei suoi sottoposti, contribuì alla costituzione dei «Volontari della Libertà».
L’8 settembre del ’43, a Roma, affrontò per primo i nazisti, e fino al ’45 fu una delle figure più importanti nell’organizzare strategicamente la resistenza.
Pizzoni e Cadorna sono solo due dei tanti nomi «cancellati». Tra loro, anche quello del Capitano Montezemolo, che guidò la resistenza clandestina a Roma e fu poi catturato dai nazisti e fucilato alle Fosse Ardeatine. E poi Edgardo Sogno, una delle massime figure della resistenza «liberale». E poi, ancora, molte figure eroiche della «resistenza bianca», ossia cattolica, tra cui numerosi sacerdoti. Tutti personaggi che la storiografia dominante ha oscurato, in un disegno funzionale all’esercizio dell’egemonia culturale di gramsciana memoria.
Del resto - nota Finetti - «c’è una storiografia comunista che, anche dopo la Caduta del Muro di Berlino, continua a leggere la storia con le categorie dell’ideologia classista. Tutto ciò che nella resistenza fu anticomunista viene classificato come “fascista“ e gettato nella spazzatura». Un atteggiamento culturalmente «totalitario» - questo - che documenta la tragedia ideologica del Novecento, dove comunismo e nazismo sono le due facce della stessa medaglia totalitaria.

Basti pensare - ricorda Finetti - che tra il 1924 e il 1926, mentre i partiti liberal-democratici si erano ritirati sull’Aventino in segno di rifiuto dell’avanzata del fascismo, il Partito comunista italiano se ne stava tranquillamente seduto sui banchi del Parlamento, incapace di esercitare una qualsiasi opposizione al dilagare del regime.

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