E allora eccola qui, esplosiva anche quando si commuove. «Io non smetterò mai di cantare. Se non riempirò più il Forum o San Siro, tornerò a fare pianobar». Il disco di Laura Pausini, che si intitola Inedito, è forse il più kolossal del nuovo pop. C’è lei, e va bene, un marchio dell’italianità che piace agli italiani. E una voce che queste canzoni annunciano più rotonda e sensuale. Ci sono tre duetti: quello stilistico con Ivano Fossati in Troppo tempo, quello rock con Gianna Nannini (Inedito) e quello familiare con la sorella Silvia (e ascoltatela Nel primo sguardo, ha una bella voce). Ci sono fior di autori come Niccolò Agliardi, che scrive con notevole fluidità creativa, Cheope e Beppe Dati. C’è un tour mondiale, pure questo kolossal, che debutta a Milano il 22 dicembre e vanta come regista Marco Balich, come stage designer Mark Fisher (ha progettato show di Pink Floyd e U2), e come light designer Patrick Woodroffe che ha allestito anche le luci di Rolling Stones, Abba ed Ac/Dc. E pure la promozione è stata kolossal: ieri flash mob in piazza Duomo con muro di fotografi al seguito, e poi conferenza in diretta su Tgcom. E stasera il Chiambretti Muzik Show solo per lei su Italia Uno. Non fosse che quando parla è decisamente umana, Laura Pausini sembrerebbe una rockstar d’altri tempi, del tutto immersa nella propria musica e ciao a tutto il resto.
Scusi, cara Pausini, ha avuto bisogno di due anni per tutto questo popò di progetto?
«No, mi ero fermata per tornare alla semplicità della vita. L’avevo dimenticata».
Questione di temperamento.
«Non sono il tipo che si siede in fondo nell’ultimo vagone. Ho un “caratterino”: prendo tutto di petto».
Però se il disco si intitola Inedito vuol dire che è cambiata, che ci sono novità.
«È inedita la tranquillità che ho vissuto. In realtà volevo anche cambiare stile: ho ricevuto 256 canzoni, ne ho provinate 74. Poi ho pensato che non ci vuole un cambiamento per avere un’evoluzione. E così, eccolo qui Inedito: qualcuno dirà che è il solito disco della Pausini».
Autobiografico oppure no?
«Certe cose sì. Ad esempio Ti dico ciao è dedicata al mio migliore amico, Giuseppe, che è morto da poco tempo».
L’unico duetto davvero imprevedibile è quello con sua sorella Silvia.
«E non me ne frega nulla se dicono che è mieloso. Da bambine, cantavamo insieme e quel brano sembra scritto per ricordare quel periodo».
Pausini, dicono tante cose su di lei.
«Che ero incinta?».
Già.
«No, avevo solo magnato di brutto. Ora sono serena, non ho l’ossessione dei figli. Se ci saranno bene, tutto qui. In questo periodo ho riflettuto molto su mia mamma, che ha avuto tre figli morti prima di me, che è stata quarant’anni con mio papà e ha conosciuto solo lui. Insomma (sorride - ndr) ha visto solo un uomo nudo. Io non ce l’ho fatta...».
Attenzione che poi su queste battute ci ricamano su.
«Ma non sono mica una pornostar (ride di nuovo - ndr)».
Però in questi giorni sul web ci sono state polemiche su di lei.
«Bastano poche persone che si inventano di essere mie fan e scoppia il finimondo».
Ma dicono anche lei abbia copiato da un brano di Phil Collins del 1983 la batteria iniziale di Benvenuto.
«Ma è un tributo voluto: l’idea è venuta quando mi ha detto che avrebbe smesso di suonare.
Anche in Italia un’epoca sta cambiando.
«Mi chiedono se mi piacerebbe entrare nel governo Monti. Ma va, al limite vado lì e canto una canzone».
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