È tanto bello parlare di autori e di letteratura, esibirsi nellarte difficile e aruspicina della critica. Nel farlo, però, ci si dimentica spesso che, alla fine, dietro loggetto libro cè unindustria come tutte le altre. E che quindi, in primis, deve far quattrini. Cosa non facile, nel mercato italiano. Per rendersene conto basta qualche numero che dia lidea della saturazione del piccolo stagno delle librerie: nel 2008 in Italia sono stati pubblicati oltre 65mila titoli. Come a dire 178,2 opere al giorno. Insomma, spunta un libro nuovo ogni 8 minuti, o giù di lì. Lovvio risultato è che la gran parte dei «prodotti» vende meno di cinquecento copie (capita a circa l84 per cento dei volumi pubblicati).
È dunque una vera guerra dove è difficilissimo raggiungere economie di scala (quelle che consentono di ammortizzare i costi di produzione) e azzeccare il romanzo e il saggio giusto. Un romanzo o un saggio che convinca quel 67,5 per cento dei lettori che compra meno di 4 libri lanno. Perché è fra i lettori pigri, lenorme maggioranza silenziosa, che si gioca la partita degli editori medio-grandi. Sono lettori che si cerca di risvegliare e stupire con gli effetti speciali adatti a farli andare in libreria per sillabare al commesso, semel in anno, un titolo memorizzato in qualsivoglia maniera.
Ecco allora che linchiesta realizzata dallIstituto per la formazione al giornalismo Carlo De Martino e intitolata Come ti vendo un libro si trasforma in un utile strumento per capire come andrà nei prossimi anni la caccia allimprendibile balena bianca: il lettore (allinchiesta seguirà, il prossimo lunedì, un convegno al Circolo della Stampa di Milano). Tanto più che il fatturato del mercato librario è in calo dal 2007 (a meno che la crisi economica, come è successo in altri Paesi, finisca per favorire paradossalmente il libro). Dallo studio che raccoglie i pareri di grandi esperti del settore, come Gian Arturo Ferrari (direttore generale della divisione libri di Mondadori) o Elisabetta Sgarbi (direttore editoriale di Bompiani) emerge che ormai la promozione del libro per avere speranze di successo deve trasformarsi in un processo globale. Per usare le parole di Elisabetta Sgarbi: «Linvestimento sul marketing non è solo nella pubblicità: include una serie di attività volte a comunicare i contenuti dei libro ai librai, agli agenti della rete vendita e al pubblico». Attività che passano dallormai famigerato booktrailer (ladattamento del videoclip al libro) passando per la pubblicità convenzionale per arrivare alle comparsate dellautore in televisione.
Insomma, il libro funziona se si crea «levento» oppure il fenomeno, se si innesca il processo a cascata che di quel volume fa parlare. Anche perché se unopera entra nelle classifiche di vendita il fenomeno si autoalimenta. Le classifiche, infatti, non si limitano a segnalare che qualcosa si vende, ma si trasformano in una specie di bollino di garanzia su quel qualcosa. Valgono molto più del parere dei critici i quali, secondo la maggior parte degli esperti di marketing editoriale, influiscono sempre meno sulle vendite.
A funzionare, secondo Gian Arturo Ferrari, sono soprattutto i passaggi televisivi e due premi, lo Strega e il Campiello. Come ha detto Ferrari ai giornalisti in erba dellIfg Carlo De Martino: «Quello che più in assoluto funziona è il premio Strega... Il Campiello ha uninfluenza meno accentuata. Gli altri premi in pratica non influiscono sulle vendite». Abbastanza per spiegare qualche mese di polemiche a carico degli «Amici della Domenica» e la guerra fredda culturale che ha attraversato le «terze pagine» dei giornali italiani.
A rendere però veramente interessante la caccia al lettore in cui si cimentano editori grandi e piccoli è un altro fatto, lunico su cui quasi tutti i coinvolti nellinchiesta si sono dichiarati daccordo. Film, tv, promozioni, premi: a volte funzionano a volte no. La molla vera delle grandi vendite è il passaparola. Quando si innesca, il successo è garantito (basti ripensare al caso dellEleganza del riccio di Muriel Barbery, in classifica per mesi senza uno straccio di promozione). Insomma, non solo il mercato del libro è saturo, ma è ancora piuttosto anarchico. Il lettore si intruppa più difficilmente di altri consumatori. E se si intruppa lo fa fidandosi di altri lettori. Tutto sommato (non ce ne vogliano editori, critici e uomini marketing), è un bel segnale. La gente si fida della gente e sviluppa pervicacemente gusti propri, con gran dolore dei «certificatori» di talento.
Così il nostro pigro lettore continua a essere una sfuggente balena bianca, e questo in fondo è un bello stimolo per chi deve dargli la caccia, partendo dallautore per arrivare al libraio. Quanto ai valori assoluti per stabilire chi è un genio letterario e chi no, lo decide il tempo. A volte.
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