Un esperimento sull'uomo: Ronconi maestro di attori

I suoi spettacoli sui monitor, raccolti i quaderni di sala. E i diciassette anni al Piccolo diventano anche un libro

Un esperimento sull'uomo: Ronconi maestro di attori
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Il 21 Febbraio 2015, Luca Ronconi concluse la sua vita mentre, sul palcoscenico di via Rovello, si recitava «Lehman Trilogy» di Stefano Massini. Aveva condiviso con Sergio Escobar diciassette anni di febbrile attività al Piccolo Teatro, diventato un vero e proprio cantiere di invenzioni sceniche e di riflessioni, non solo sul teatro, ma anche sulla vita. Nel decennale della morte, Claudio Longhi ha ideato: «Prospettiva Ronconi», che può considerarsi un contributo necessario per iniziare un cammino di ricerca storiografica sul suo lavoro di intellettuale e di regista.

Per l'occasione, i monitor del Piccolo sono animati dalle immagini dei 33 spettacoli da lui diretti, mentre, in contemporanea, una serie di iniziative sono dedicate alla conoscenza del suo lavoro di drammaturgia sui testi e sul potere simbolico dello spazio scenico mai «vuoto», come quello di Peter Brook, ma sempre ricco di macchinerie.

Notevoli sono state le testimonianze di chi ha lavorato con lui, da Sergio Escobar a Roberta Carlotto, da Claudio Longhi a Luca Fontana, da Andrea Porcheddu a Giovanni Agosti a Eleonora Vasta, a cui dobbiamo la curatela del volume «Gli anni del Piccolo, 1998-2015», pubblicato dal Saggiatore che, nel 2021, aveva dedicato a Strehler una raccolta di «Lettere agli italiani», a cura di Giovanni Soresi, con prefazione di Ferruccio De Bortoli.

Eleonora Vasta ha raccolto tutte le interviste presenti nei Quaderni di sala, in occasione delle messinscena dei suoi spettacoli. Si tratta di un materiale che ci riporta in vita il suo metodo di indagine, anche se lui non amava la parola «metodo», non ritenendosi un «regista teorico», anzi sosteneva che il suo lavoro non nascesse dall'applicazione di una teoria a priori, né tanto meno da una a posteriori.

Eppure, a leggere quelle interviste, benché non si potesse parlare di un regista teorico, almeno si può avanzare l'idea di un regista antropologo, attento ad entrare, attraverso il testo, nell'apparato sociale, ben presente nel sottotesto.

Ronconi alternava momenti di felice ottimismo con altri di oscuro pessimismo, spesso si chiedeva cosa rimanesse del teatro, si rispondeva: tutto e niente, oppure, il vuoto, di qualcosa che non c'è più, il pieno, di qualcosa che è rimasta nella nostra memoria e che è stata raccolta nei libri. Non era mai appagato, voleva essere onnisciente, senza invadere le discipline altrui.

Quando portò in scena «Infinities» di Barrow, nello spazio della Bovisa, pensammo quanto fosse stata sublime la sua invenzione scenica e quanto fosse stata sublime la sua ignoranza scientifica. Amava sempre sperimentare e, nello stesso tempo, provocare, ma amava molto il lavoro sull'attore e con l'attore, tanto che giorno 26 maggio la giornata sarà dedicata a lui come «Maestro d'Attori». In questa occasione, verranno presentati gli esiti delle indagini ronconiane nell'ambito di «Ormete» un percorso di ricerca sulla memoria del teatro, con la digitalizzazine delle fonti orali per le arti della scena. In maniera più specifica, il lavoro si concentrerà sulla direzione di Ronconi allo Stabile di Torino, al Teatro di Roma e al Piccolo.

Inoltre saranno collezionate le interviste di attori e attrici che si sono formati alla scuola del Piccolo, diretta da Ronconi. Nel frattempo, sono in cantiere gli Atti del Convegno «Ho sempre preferito non lasciar traccia. Luca Ronconi tra scena, vita e archivio».

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