Esplode l’atomica nordcoreana: paura nel mondo

Durissime reazioni a Seul e Tokyo. Gli 007 sudcoreani avvertono: «Stanno preparando un altro esperimento»

Per i giornali nordcoreani, il test nucleare di ieri «è un evento storico che ha portato felicità all’estero e alla popolazione» e che «contribuirà a mantenere la pace». Per l’ambasciatore di Pyongyang alle Nazioni Unite, gli altri Paesi «dovrebbero congratularsi», anziché adottare «inutili risoluzioni». Kim Jong-Il, l’imprevedibile presidente dell’ultimo Paese autenticamente stalinista, ha colpito ancora. Ieri mattina alle 10.36 ore locali (le 3.36 in Italia) ha fatto esplodere una bomba atomica nel nord est del Paese, verosimilmente in una miniera abbandonata in una collina vicino alla località di Hwadaeri. La deflagrazione ha provocato una scossa tellurica di 4,9 gradi, ma apparentemente nessuna emissione radioattiva nell’aria.
A modo suo il dittatore nordcoreano è stato di parola: pochi giorni fa aveva annunciato di voler effettuare il test. Il suo sembrava l’ennesimo bluff per costringere gli Usa a negoziare il disarmo nucleare direttamente con lui. E invece faceva sul serio, anche se più che di una bomba, forse si è trattato di una bombetta. Per i russi l’ordigno aveva una competenza compresa tra i cinque e i quindici chilotoni (quella di Nagasaki ne aveva circa venti), ma secondo la Cia sarebbe addirittura inferiore; fonti d’intelligence citate dalla Cnn ritengono che possa essere stata inferiore a un kilotone. Ed è possibile che non resti l’unica. Il rappresentante nordocoreano all’Onu ha smentito che il suo governo intenda compiere altri test. «Credo che questo sia sufficiente, non credete anche voi?», ha dichiarato a New York. Ma il direttore dei servizi segreti sudcoreani non esclude che Pyongyang si accinga a effettuare un secondo esperimento, avendo notato «movimenti insoliti» presso un sito per test militari.
Di certo l’altra metà della Corea, quella libera e democratica del Sud, è in apprensione. Il presidente Roo Moo-Hyun ha parlato di «un fatto grave che minaccia la stabilità della regione» e che certo ha segnato la prima visita all’estero di Shinzo Abe, il premier di un altro Paese, il Giappone, direttamente minacciato dalle intemperanze nordcoreane. Abe ieri era proprio a Seul, dove ha preannunciato l’adozione di «dure misure» contro la Corea del Nord. Tokyo non si fida di Kim Yong-Il e farà di tutto per imbrigliarlo, ovviamente d’intesa con gli Stati Uniti.
Gli esperti concordano: la Corea del Nord avrebbe tra le tre e le dieci bombe atomiche, ma non disporrebbe della tecnologia necessaria per montarle sui missili. Nel 2002 Bush la incluse tra i Paesi che componevano l’«Asse del male», al pari dell’Irak di Saddam Hussein e dell’Iran, e da allora la questione del disarmo atomico è sul tavolo della diplomazia internazionale, peraltro con risultati scadenti: i tentativi di mediazione sono tutti falliti.
Ma perché Kim Jong-Il ha alzato proprio ora la tensione? Fonti statunitensi ritengono che le sanzioni bancarie imposte l’anno scorso dagli Usa contro imprese e banche nordcoreane abbiano colpito duramente Divisione 39, una sorta di holding-cassaforte del regime. Secondo il giornalista investigativo Michael Breen, sarebbero stati congelati 24 milioni di dollari in due banche di Macao.

Da qui la reazione del presidente nordocreano, che oltre a far compiere test nucleari, avrebbe deciso di vendicarsi aumentando la produzione e la diffusione nel mondo di dollari falsi oltre che, a quanto pare, di yen e di euro. Un’arte, quella della contraffazione, in cui il suo Paese misteriosamente eccelle.

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