(...) più santuomo che Santorum, potrebbe essere lappassionatissimo assessore ai Servizi Sociali di Albenga Eraldo Ciangherotti) per poter essere presa a modello. Infatti, per chi vuole conquistare una città occorre prendere i voti di gente con personalità diversissime e idee diametralmente opposte.
Quindi, non proponiamo il modello Santorum dal punto di vista ideologico. LIowa non è Genova. E, se è per questo, lIowa non sono nemmeno gli Stati Uniti. Stiamo parlando di un microcosmo dove Santorum ha vinto, ma è praticamente impossibile che Rick sia il candidato finale dei repubblicani. Anche se fanno pensare i risultati dellaltro giorno con i tre trionfi del tutto inattesi dellex senatore della Pensylvania in Minnesota, nel Missuouri e in Colorado, che lhanno portato a quattro Stati vinti, record assoluto fra tutti i repubblicani, e a 44 delegati per la convention finale che designerà lo sfidante di Obama. Ne mancano solo millecento per la nomination.
Però, per lappunto, a noi non interessa il mondo che va dallAlaska alle Isole Hawaii e dalla Florida alla California. Sinceramente, ci importa molto di più di tutto ciò che cè da Voltri a Nervi e da Pontedecimo a Struppa. Sarà minimalistico, ma è la nostra dimensione e la nostra anima è concentrata su quello.
E qui, però, centra Santorum. Che non è un genitivo di Santoro. Anzi, è lesatto contrario della tele-politica, della campagna elettorale che non si può fare se «non arrivano i soldi da Roma», dei tre per sei (nel senso dei manifesti) più citati delle tabelline a scuola, dei siti internet, dei facebook e dei twitter e dei blog come unico strumento della politica.
Ecco, dimenticatevi tutto questo. Perchè la campagna elettorale di Santorum in Iowa, in Minnesota, nel Missouri e in Colorado e lo straordinario successo del senatore outsider sono un miracolo di politica fatta come una volta.
Federico Rampini, su Repubblica, si è preso la briga di contare i dibattiti a cui Rick è stato ospite nelle assemblee di quartiere prima dei caucus in Iowa (360, per la cronaca). E il resto è fatto di incontri porta a porta di pochissimi elettori per volta, un po come nella campagna elettorale per le regionali di Matteo Rosso e ora, in quella per le primarie di Marco Doria.
E poi, ancora, lascolto - magari a volte noioso, magari a volte sfiancante, magari a volte insopportabile - delle esigenze degli elettori, uno per uno. Qualcosa per cui Santorum veniva preso in giro dai suoi avversari. Qualcosa che, invece, è la base della politica vera.
Il racconto dei suoi fans è molto appassionato. Hillary Vermeer, ventottenne impiegata in unassicurazione, ha sacrificato un mese del suo tempo libero per telefonare, volantinare e fare dibattiti dedicati al suo amatissimo Santorum. E a Genova sarebbero centinaia i volontari moderati pronti a fare questo passo e a impegnarsi per un candidato degno del loro lavoro appassionato e gratuito.
Ecco - se per un attimo passiamo dal paradiso delle Des Moines (la capitale dello Iowa) alla patria delle moine, cioè Genova - e traduciamo dallo slang a stelle e strisce al dialetto genovese, magari chiedendo qualche consiglio al nostro amico Franco Bampi, che è unistituzione in materia, forse ne esce qualche ottimo consiglio per conquistare Genova.
Siamo in ritardo. Molto in ritardo.
Eppure, nonostante tutto, se ci si mette ventre a terra, parlando con i genovesi - uno per uno - si può costruire davvero qualcosa. Si può davvero giocare per vincere. Non con stanziamenti milionari. Ma con il contatto personale.
La strategia, ovviamente, è quella che abbiamo individuato fin dallinizio: puntare al ballottaggio, contando sul fatto che con ogni probabilità il centrosinistra non vincerà al primo turno, anche perchè grillini e sinistra radicale dreneranno voti, e poi giocarsi il tutto per tutto al secondo turno.
Sembra fantascienza. Potrebbe diventare un sogno. Ma di quelli che si realizzano.
Incredibilmente e contro ogni previsione vincere stavolta, si può. Basta volerlo.
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