Espulsioni e ronde, il governo va sotto

RomaUn voto «sciagurato», anzi un voto «scellerato». Sulle ronde la Lega ha ceduto, ma non si aspettava che fosse bocciata alla Camera la seconda norma del decreto sicurezza alla quale teneva tanto: quella che aumenta da 2 a 6 mesi la permanenza dei clandestini nei Centri di identificazione ed espulsione.
Per evitare l’ostruzionismo dell’opposizione il governo aveva stralciato dal decreto legge l’articolo che istituiva i volontari per la sicurezza, spostandolo in un disegno di legge che approderà il 27 aprile nell’aula di Montecitorio. Ma poi, con il voto segreto, sono comparsi 17 «franchi tiratori» della maggioranza e l’esecutivo è stato battuto, con la soppressione proposta da Pd e Udc dell’articolo 5 sui Cie. È il bis di quello che è successo in Senato, quando la norma era in un disegno di legge. La Lega aveva ottenuto a febbraio di recuperarla nel decreto sicurezza, ma ora la vede cancellata anche dal testo approvato alla Camera con 397 voti a favore (solo 192 del Pdl e 205 dell’opposizione), 6 contrari (i radicali) e 2 astenuti. «Tradimento», protesta il Carroccio. E, per sottolineare la sua contrarietà, non partecipa al voto finale. Il provvedimento passa al Senato in versione ridotta (norme sul carcere per gli stupratori, reato di stalking, patrocinio gratuito per le vittime di violenza sessuale e 150 milioni alle forze dell’ordine) e dovrà essere convertito in legge prima del 26 aprile.
Roberto Maroni è «furibondo» e lo dice senza mezzi termini. Per il ministro dell’Interno questo voto mette «in crisi l’intera politica di contrasto dell’immigrazione clandestina». Le conseguenze saranno quelle di un «indulto permanente»: 1.038 clandestini torneranno in libertà il prossimo 26 aprile e nelle successive due settimane altri 177. Maroni annuncia che stamattina, prima del Consiglio dei ministri, chiederà al premier Berlusconi «il suo impegno personale affinché la norma sia ripristinata al Senato e sia approvata entro il 26 aprile». Tecnicamente i tempi ci sono, secondo il ministro, magari chiedendo ai parlamentari di rinunciare a qualche giorno di vacanza. Ma ci vuole anche un «chiarimento politico». Quello successo a Montecitorio è «un fatto estremamente grave», rincara la dose il sottosegretario alle Infrastrutture Roberto Castelli e c’è da augurarsi «che non sia legato a una volontà politica». Si assiste anche a un violento botta e risposta sulle assenze dei leghisti al voto, tra Ignazio La Russa e Roberto Cota. «In 225 del Pdl e solo 49 della Lega hanno detto sì alla norma sui Cie», accusa il ministro della Difesa. «Avevamo solo 3 assenti giustificatissimi per motivi di salute», replica il capogruppo leghista. Per La Russa i «franchi tiratori» sono stati 12»: «12 scemi - taglia corto - ma sui clandestini voglio una norma che sia dura il doppio».
Sembra profilarsi una spaccatura nella maggioranza e Cota parla di un incontro oggi tra Umberto Bossi, Berlusconi e Maroni. Ma il leader della Lega è già entrato in campo e assicura: «Ho sentito Berlusconi al telefono, domani (oggi, ndr) mettiamo tutto a posto». Il ministro delle Riforme smorza i toni, parlando di «incidente di percorso». La grande responsabilità, per Bossi, è della sinistra che ha fatto vincere «il partito dei clandestini» e di questo dovrà giustificarsi con la gente. In aula il capogruppo del Pdl Fabrizio Cicchitto assicura: «Ricorreremo a tutte le misure parlamentari perché il contenuto dell’articolo 5 diventi legge. È un impegno che abbiamo preso come Pdl e come governo». Intanto, la maggioranza viene battuta sempre alla Camera su una mozione del Pd sulle fondazioni bancarie. Quasi tutti i deputati della Lega erano assenti e qualcuno interpreta la cosa come una vendetta.
Il Pd esulta. Dario Franceschini festeggia la vittoria, convinto che senza la «demagogia delle ronde le città italiane saranno più sicure» e che l’allungamento dei tempi di permanenza nei Centri degli immigrati irregolari avrebbe causato un «danno ingiusto». Il ritiro della norma sulle ronde era frutto di un accordo con la maggioranza e quindi previsto, ma la seconda vittoria in aula è arrivata un po’ inaspettata. «Due a zero», sorride il capogruppo Pd Antonello Soro, sottolineando «una divergenza importante nella maggioranza». Si fa sentire anche l’ex segretario del Pd: «È una grande vittoria della ragione - dice Walter Veltroni -.

Questa maggioranza è meno solida e credibile di quanto sembrasse». C’è qualche polemica con l’Italia dei valori, che si è astenuta. E la radicale Rita Bernardini accusa il partito di Antonio Di Pietro di «sposare le posizioni leghiste».

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