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Barbarie in Israele: trucidati i 3 studenti rapiti da Hamas

Paese sconvolto dalla notizia di brutali omicidi. Il governo ritarda la notizia per avvisare le madri

Gilad Shaarh, Naftali Frenkel e Eyal Yifrah
Gilad Shaarh, Naftali Frenkel e Eyal Yifrah

Come una madre che non vuole sapere della morte del figlio e fugge quanto più lontano, così ieri Israele ha evitato di dare la notizia anche dopo ore che Al Jazeera e Al Arabiya avevano annunciato che i ragazzi rapiti per cui da due settimane si prega e si trema sono stati ritrovati morti. Si fa così in Israele: prima sono stati avvertiti i genitori, che non apprendano dalla televisione l'accaduto. Naftali Frenkel, 16 anni, Gilad Shaar, 16 anni, Eyal Yfrach, 19 sono stati abbandonati insepolti dai loro rapitori, terroristi di Hamas, islamisti estremi, a dieci chilometri da dove erano stati rapiti, tre studenti che tornano a casa da scuola chiedendo un passaggio. Pochi minuti dopo essere stati rapiti sono stati ammazzati, tutti e tre. Dai titoli sulla stampa palestinese si è potuta notare la soddisfazione e l'incitamento popolare, ogni giorno, nonostante la condanna di Abu Mazen, per il rapimento di tre «uomini ebrei», tre settler, tre odiati usurpatori, tre mostri occupanti, che osavano tornare da scuola calpestando il territorio della sacra umma islamica che gli ebrei non devono abitare, possedere, abitare, neanche quando tornano a casa da scuola.

La morte dei ragazzi è una verità micidiale sulla realtà attuale, sulla pace, sulla vita della gente che abita quell'area. Israele non si riprenderà presto, i teenager uccisi erano figli di ciascuno: ha cercato con tutta la sua anima quei tre ragazzini, notte e giorno. Come ha detto una delle mamme parlando di loro erano semplicemente dei ragazzi che giocavano a ping pong, suonavano la chitarra, erano oggetto della cura estrema delle loro famiglie, come i nostri ragazzi attraversano da bambini la strada per la mano, avevano mille sogni, uno di loro aveva la passione della cucina, voleva essere uno chef. Nessuno, in Israele, né le famiglie, né i compagni di scuola che abbiamo incontrato, né i politici, hanno mai detto una parola d'odio sui rapitori. Si sono riempiti per loro le sinagoghe e le grandi piazze laiche, come Kikar Rabin a Tel Aviv, i soldati hanno battuto tutta l'area spostando letteralmente ogni pietra, penetrando in ogni casa a rischio della loro vita, in zone come Halcul e Hebron che sono la serra di Hamas, mentre i giudici, i giornali, osservavano con giustizia e severità ogni loro mossa nel campo palestinese. I genitori dei tre ragazzi non hanno mai smesso di presentarsi in pubblico ordinati e calmi, grati, persino sorridenti. Tutta Israele non pensava che a loro senza perdere la testa, il Capo di Stato Maggiore diceva la sera «Cercateli come fossero vostri fratelli, ma stanotte nelle case di Hebron ricordatevi che ci sono anche molti che non la pensano come Hamas». Forse. Ma quello lo spettacolo che offre questo assassinio è quello di una società da cui l'odio ribolle eguale a quello fanatico in Siria, in Iraq, la malattia dell'Islam estremo di Hamas qui è diventata, e non per la prima volta, assassinio di bambini. Li hanno presi per ammazzarli, non hanno nemmeno provato a utilizzare il rapimento per ricattare il governo e ottenere, come fecero con Gilad Shalit e tanti altri, il rilascio di prigionieri. Il rapimento è stato un modo di umiliare, di mettere in ginocchio, di fare uno sberleffo a un Paese che mette nella sua difesa un punto di onore, lo scopo però era ammazzare tre ragazzini che tornavano da scuola.

Abu Mazen adesso capirà che la sua alleanza con Hamas, tanto da formarci insieme un governo, è stata un'alleanza con assassini pericolosi anche per lui? Saran capaci Obama o l'Europa di vedere quanto è indispensabile per Israele difendersi dai nemici senza limiti che la penetrano e la circondano? La scelta di uccidere Naftali, Gilad, Yfrach è frutto della volontà di terrorizzare Israele, e piegarlo sul suo dolore. Non funzionerà, ancora una volta Hamas si illude di poter piegare gente che persino dopo la Shoah si è arrotolata le maniche ed è riuscita a far fiorire il deserto e a combattere in nome della vita del popolo ebraico.

Così sarà anche questa volta.

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