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Turni da gulag per fare iPhone: cinese stroncato a 15 anni

Shi Zhaoukun è morto di polmonite in un ospedale di Shanghai. La ditta: il lavoro non c'entra. Ma lui sgobbava 75 ore a settimana

Turni da gulag per fare iPhone: cinese stroncato a 15 anni

Ancora una volta la morte di operai cinesi colpisce Apple. Shi Zhaokun, un ragazzo di 15 anni, a settembre ha iniziato a lavorare per la Pegatron, fornitore cinese di Apple, che produce iPhone 5C e mini iPad. Per ottenere il lavoro, il giovane - ha raccontato la famiglia - avrebbe utilizzato la carta d'identità di un cugino. A ottobre, Shi è morto di polmonite in un ospedale di Shanghai. Prima di entrare in fabbrica avrebbe sostenuto e passato un esame di accertamento delle sue condizioni di salute.
La Pegatron di Taiwan aveva già messo nei guai Apple a luglio, quando il gruppo per i diritti umani China Labor Watch, che monitora le condizioni di lavoro nelle fabbriche cinesi, ha pubblicato un rapporto spiegando come l'azienda forzasse i suoi operai a condizioni di lavoro estenuanti, contrarie alla legge cinese e al codice di comportamento che Apple fa sottoscrivere ai suoi fornitori esterni. Oggi, la stessa organizzazione spiega che altre cinque recenti morti sospette all'interno dell'azienda Pegatron non possono che essere messe in relazione a quella del giovane Shi e alle difficile condizioni di lavoro.
Un portavoce di Pegatron ha ammesso, riporta il New York Times, che altri giovani operai sarebbero morti di recente, ma ha negato che le condizioni di lavoro avrebbero portato ai decessi. E Apple ha reso noto da poco l'esito dell'inchiesta di una squadra di medici indipendenti cinesi e americani mandati a Shanghai per verificare i fatti, secondo i quali la morte dei quindicenne non sarebbe legata a orari e modalità di lavoro difficili.
La stampa americana, che ha subito ripreso la notizia della morte del giovane operaio nella fabbrica di iPhone, fa notare come dopo il caso Foxconn Apple abbia investito idee e denaro per migliorare le condizioni di lavoro presso i fornitori esteri. Nel 2010, 18 operai della Foxconn, azienda che produce iPhone e iPad, hanno tentato il suicidio e 14 sono morti. La «fabbrica dei suicidi» è stata al centro del dibattito dei mass media per mesi e dopo quegli eventi Apple ha imposto nuove misure di sicurezza ai suoi fornitori, aumentato gli stipendi, chiesto la riduzione degli orari di lavoro. A luglio, ha creato un comitato di consiglieri accademici, professori universitari delle maggiori facoltà degli Stati Uniti, capaci di fornire raccomandazioni sugli standard lavorativi all'estero.
E proprio ieri, un gruppo che monitora le condizioni degli operai nelle società di produzione Apple - la Fair Labor Association - ha terminato una revisione proprio nelle fabbriche cinesi della Foxconn: le condizioni sarebbero migliorate negli ultimi 18 mesi ma molto ci sarebbe ancora da fare per ridurre le ore di straordinario di impiegati e operai. La diversificazione dei fornitori messa in atto da qualche tempo da Apple avrebbe reso più difficile un monitoraggio costante degli standard lavorativi.
Secondo la documentazione raccolta dalla famiglia del quindicenne morto a Shanghai, nonostante il codice di condotta imposto da Apple ai fornitori richieda un massimo di 60 ore alla settimana di lavoro, il giovane Shi avrebbe lavorato 79 ore nella prima settimana, 77 nella seconda, 75 nella terza.


Ora, proprio sotto Natale, nonostante gli esiti dell'inchiesta medica, Apple si ritrova ancora una volta sotto scrutinio, costretta a fare i conti con la difficile impresa di arginare le proibitive condizioni di lavoro delle fabbriche cinesi.

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