Barack mago della Rete e pescatore di elettori

Come vincere le elezioni nell’era della politica 2.0. Il segreto è inseguire i voti uno per uno grazie a un’immensa raccolta dati

Barack mago della Rete e pescatore di elettori

L'intuizione del ruolo decisivo di una nuova «coalizione di minoranze», sommata all'uso scientificco e raffinato all'estremo delle nuove tecnologie per raggiungere e motivare al voto e alla militanza la massima quota possibile del proprio potenziale elettorale. È stata questa la formula vincente che ha permesso nel 2012 a Barack Obama di essere confermato presidente degli Stati Uniti nonostante una serie di fattori negativi sembrasse condannarlo alla sconfitta ad opera del repubblicano Mitt Romney, autore di una spettacolare rimonta rimasta incompiuta. Il libro di Stefano Lucchini e Raffaello Matarazzo «La lezione di Obama» illumina il lettore affascinato dalla sempre più rapida evoluzione dei meccanismi della scienza della politica, ma soprattutto fornisce agli attori e agli strateghi della politica attiva l'opportunità di visualizzare metodi e percorsi che oggi - nell'era della politica 2.0, come recita il sottotitolo - possono condurre alla vittoria elettorale. L'individuazione da parte di Obama già nel 2008 di una nuova community formata da minoranze in crescita demografica e destinata a consolidarsi nel tempo come una nuova maggioranza (giovani, donne, minoranze etniche, ceti meno abbienti, élite urbane e gay) è l'aspetto più «locale» della sua strategia, anche se è una formula probabilmente esportabile in un'Europa in rapido mutamento. Ma l'aspetto più globale e scientifico è quello dell'applicazione delle nuove tecnologie a un'opera di raccolta di dati personali sensibili degli elettori, mirata a «bombardarli» con messaggi sempre più personalizzati e a farli sentire coinvolti attivamente in una comunità politica composta da «gente come te».

Il libro evidenzia la rapidità crescente delle innovazioni adottate nelle campagne elettorali Usa degli ultimi vent'anni, al punto che quelle delle presidenziali precedenti risultano ormai regolermente «preistoriche». Così se nel 1992 erano attivi in America solo tre siti internet, già nel 2000 l'uso delle e-mail insidiava quello del telefono nella propaganda, e se nel 2008 fecero la parte del leone i social media, le elezioni del 2012 saranno ricordate per la caccia e il ricorso ai dati personali degli elettori e per il microtargeting, ovvero lo sviluppo di tecniche sempre più raffinate di raggiungimento del bersaglio attraverso messaggi iperpersonalizzati. È questa, spiegano Lucchini e Matarazzo, in ultima analisi, la «nuova frontiera della politica nell'era 2.0: metodi sofisticati per una caccia al consenso che insegue gli elettori quasi uno per uno. Metodi i cui confini con l'intrusione nel privato e con una manipolazione sottile di ciò che ciascuno di noi è convinto che siano «le proprie opinioni» sono assai labili. Troppo forte è infatti il richiamo al Grande Fratello orwelliano che evoca il Vote Builder, il cervellone centrale che raccoglie e gestisce per conto del partito democratico americano l'immensa massa di dati relativi a quasi 200 milioni di americani, sapientemente recuperati attraverso Facebook e Twitter. Una versione aggiornata della raccolta di dossier in cui eccelse per decenni il fondatore dell'Fbi J. Edgar Hoover. Oggetto e protagonisti al tempo stesso di questa operazione di automanipolazione volontaria sono appunto i membri di quella Obama Coalition che lo ha portato a vittorie basate su mobilitazioni elettorali senza precedenti: giovani e donne in primo luogo, principali utenti dei social network e i più inclini a usarli per comunicare i propri orientamenti non solo politici. Il tutto ha un costo spettacolare, ma proprio qui sta il capolavoro: spingere quella base elettorale a finanziare volontariamente un sistema che ripropone come formula politica originale una rielaborazione di dati personali carpiti attraverso i social network.

È proprio così che Obama ha raccolto quasi un miliardo di dollari nel 2012. Inevitabile che, come ben suggeriscono gli autori, la corsa alle presidenziali Usa del 2016 estremizzerà questi concetti e offrirà agli strateghi della politica anche italiani preziosi elementi di riflessione.

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