È la battaglia per cui ha sempre combattuto Chen, l'avvocato cieco scappato negli Stati Uniti, il dissidente che ha messo in crisi (per pochissimo) le relazioni fra Cina e America. È la sua battaglia e ora c'è qualcun altro, in Cina, che la porta avanti, con petizioni e appelli. Alzando la voce: basta alla legge sul figlio unico. Cancelliamola. O almeno cambiamola in modo radicale. Per ragioni umane, ma non solo: perché, come spesso avviene a Pechino, oltre e dietro gli ideali c'è il business, e forse proprio questo potrebbe spingere le autorità a intervenire su una norma che da quando è entrata in vigore, all'inizio degli anni Ottanta, ha provocato critiche e sdegno, ma non è mai stata toccata. Come tante altre leggi e disposizioni della Repubblica popolare, del resto.
Le ragioni umane per abolire la legge sul figlio unico non sono solo quelle più ovvie, come il diritto ad avere un figlio, o due, o tre, indipendentemente dalle pianificazioni del governo. Ci sono anche gli abusi, mostruosi: donne sterilizzate forzatamente o costrette ad abortire anche al terzo trimestre, quando la stessa legge lo considera illegale (erano proprio queste le donne difese da Chen, poi a sua volta era perseguitato per la sua lotta scomoda). Le autorità locali non sottilizzano: sottopongono le donne a esperienze traumatizzanti, fanno morire i loro bambini ormai quasi pronti a nascere, perfino all'ottavo mese di gravidanza, perché il «controllo della popolazione», come è definito, è uno dei criteri secondo cui vengono valutati e promossi i funzionari delle varie province. Conta quanto far crescere l'economia locale, in certi casi perfino di più: basta sgarrare dall'obiettivo prefissato per essere ripresi, multati o anche licenziati; ma basta rispettare il target in modo eccellente, o magari migliorarlo, per ottenere plauso e riconoscimenti. Ma l'orrore degli aborti forzati, come quello di Feng Jianmei, con le foto del cadaverino del figlio di sette mesi fatte circolare su internet, alla fine ha scatenato la battaglia civile (degli esperti). È successo al forum della università di Pechino sul censimento del 2010, dove - come raccontava ieri Edward Wong sul New York Times - un gruppo di prof e consiglieri politici, indignati proprio dal caso di Feng Jianmei, ha criticato duramente la legge. Zhan Zhongle, professore dell'ateneo ha spedito una petizione firmata da studiosi e manager all'Assemblea nazionale del popolo, l'organo legislativo della Repubblica, chiedendo formalmente di cancellare la legge. Può sembrare poco, ma per la Cina una esposizione di questo genere, da parte di professori ed esperti politici, è già molto: e infatti anche i media e il web hanno iniziato ad affrontare l'argomento sempre più spesso ed esplicitamente.
Ma il figlio unico preoccupa anche gli economisti. Perché la popolazione cinese è di un miliardo e 343 milioni, eppure sta invecchiando: suona paradossale ma anche lì c'è il problema della forza lavoro che si avvia a diventare troppo anziana (specialmente per i ritmi cinesi), mentre i giovani sono sempre di meno, in proporzione. Secondo le stime, entro il 2040 i cinesi sopra i sessant'anni saranno 411 milioni (dai 171 di oggi); mentre la popolazione attiva, fra i 20 e i 60 anni, scenderà da 817 a 696 milioni. E l'economia non può correre, se non ci sono giovani pronti e numerosi a spingerla. È un ragionamento che forse potrebbe fare presa su Pechino, insieme a un'altra considerazione: nelle province dove la legge è stata sospesa, come lo Shanxi, il numero di figli per coppia non è comunque aumentato: perché la popolazione tende a urbanizzarsi, il costo della vita ad aumentare, e le famiglie si limitano a uno, due figli al massimo.
In alcune aree, per esempio quella rurale di Daji, due figli sono già consentiti. Ma tre no. In quel caso tocca pagare una multa salata: settemila e duecento dollari. Pan Chunyan e suo marito hanno dato di più: ottomila e settecento dollari Ma Yuyao, il funzionario locale per la pianificazione familiare. Pan ha spiegato al Nyt che non è bastato: gli uomini di Ma l'hanno sequestrata, tenuta segregata per quattro giorni e poi portata in ospedale, dove un'iniezione ha ucciso il bimbo che aveva nella pancia. Pan era all'ottavo mese. «Per me e mio marito è stato quasi come morire» ha detto. In risposta, gli ufficiali locali hanno iniziato a intimidire tutta la famiglia.
La legge sul figlio unico è entrata in vigore all'inizio degli anni Ottanta e secondo le stime, da allora, avrebbe «evitato» 400 milioni di nuovi nati. Nella sua formulazione iniziale proibiva alle donne di avere più di un figlio, con l'obiettivo di controllare le nascite nel popolosissimo paese.
La Cina nel frattempo ha superato il miliardo e trecento milioni di individui, e la legge ha subìto alcune modifiche, per esempio consentendo una serie di eccezioni e, in alcune zone rurali, permettendo anche due figli a coppia. In caso contrario la multa è salata.
di Eleonora Barbieri
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