Multe senza frontiere, la questione diventa un pasticcio. La Corte di giustizia europea infatti, ha annullato la direttiva che istituisce lo scambio di informazioni tra gli stati membri per individuare i responsabili delle otto infrazioni stradali più pericolose (dall'eccesso di velocità alla guida in stato di ebbrezza, dal passaggio con il rosso al mancato uso del casco), ma ne ha salvaguardato gli effetti pratici. Resta, quindi, in piedi il regime di «multe senza frontiere» introdotto con la direttiva 82 del 2011, i cui tempi di recepimento da parte di 28 paesi Ue sono scaduti a novembre scorso. Teoricamente l'annullamento non ha effetti, ma dal punto di vista pratico però la direttiva finora è stata trasposta nelle legislazione di solo otto paesi dell'Unione e, secondo fonti della Corte, è «irrealistico» che nel frattempo altre nazioni come l'Italia procedano in tal senso.
Alla base della decisione di Lussemburgo, una diatriba giuridica tra le istituzioni europee. La Corte si è espressa sul ricorso presentato dalla Commissione europea contro la «base giuridica» scelta da Parlamento e Consiglio nel corso dell'iter legislativo. La proposta iniziale dell'esecutivo di Bruxelles era la competenza dell'Unione in materia di«sicurezza dei trasporti», mentre Parlamento e Consiglio avevano optato per quella nell'ambito della «cooperazione di polizia».
I giudici hanno riconosciuto che tanto per finalità quanto per contenuto, la direttiva riguarda appunto la sicurezza stradale e l'ha quindi annullata ma si è posta la questione degli effetti dell'atto ed ha quindi disposto che è «giustificato il mantenimento degli effetti» fino all'entrata in vigore di una nuova direttiva basata sul fondamento giuridico appropriato.
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