di Gilda Lyghounis
Quelle bandiere tedesche bruciate davanti al Parlamento di Atene, nelle manifestazioni anti-austerity di questa primavera, non sono piaciute alle famiglie berlinesi o bavaresi che stanno programmando le loro vacanze. Andare a tuffarsi nel mare blu di Creta o Santorini, quando sui giornali greci i fotomontaggi della cancelliera Angela Merkel in divisa hitleriana sono all’ordine del giorno? Forse è meglio scegliere i lidi croati, più vicini, o quelli spagnoli, se proprio non si vuole rinunciare al Mediterraneo.
Certo, la Merkel, con i suoi ripetuti moniti come quello di ieri («La Grecia deve rispettare i patti firmati con l’Unione europea e con il Fondo monetario internazionale in cambio dei megaprestiti che le stiamo dando») è vista come il simbolo dei tagli a stipendi e pensioni, delle nuove tasse e dei licenziamenti (150mila di qui al 2015 nel solo settore pubblico) imposti ai cittadini ellenici per accedere agli aiuti internazionali.
Una politica a base di pacchetti lacrime e sangue che il 65% degli elettori greci ha dimostrato domenica di bocciare.
Ma a irritare gli orgogliosi discendenti di Ulisse son state anche alcune pubblicazioni sulla stampa tedesca risalenti a un anno fa, quando ancora nessuno si era sognato di bruciare bandiere teutoniche in piazza. Ricordate la Venere di Milo, statua ellenistica esposta al Louvre, notoriamente trovata dagli archeologi ottocenteschi seminuda e priva di un braccio? Ci aveva pensato la rivista tedesca Focus ad operare il restauro: sbattendo la bella Venere in copertina dotata del braccio mancante sì -grazie a un fotomontaggio - ma steso a chiedere l’elemosina al mondo causa crisi. Per non parlare degli inviti sarcastici dello Spiegel e della Bild Zeitung: «Vendete l’Acropoli, vendete le isole se volete i nostri soldi!»
Schermaglie decisamente offensive fra vicini di casa Ue. Che hanno fatto inalberare non solo scalmanati manifestanti disoccupati, ma anche intellettuali più pacati: «A farmi più irritare nella posizione intransigente della Germania nei confronti della crisi greca - spiega Thanos Veremis, docente di Storia moderna all’Università di Atene - è l’assenza di memoria storica. Berlino ha immerso per ben due volte nel secolo scorso l’Europa nel sangue. Se non ci fosse stato il piano Marshall e la remissione dei debiti di guerra tedeschi da parte di tutti i Paesi che avevano subito l’occupazione nazista (Grecia compresa)… non ci sarebbe stato nessun miracolo economico tedesco, nonostante la decantata laboriosità teutonica». Dalla Pinacoteca di Atene, invece, la sovrintendente Marilena Cassimatis, laurea e dottorato conseguiti nella terra di Goethe, getta acqua sul fuoco anti-tedesco che pervade molti suoi compatrioti: «Ormai gli intellettuali occidentali più accorti, i miei amici tedeschi compresi, sanno che la crisi nell’eurozona è più complicata e diffusa e che non è certo attribuibile ai greci o ai portoghesi fannulloni! - dice al Giornale - Del resto le relazioni culturali fra Atene e Berlino sono ottime. Un esempio? Insieme al Museo Nazionale della Baviera, da anni organizzo mostre congiunte per mostrare fino a che punto la nascita delle monarchie costituzionali nel centro Europa, dopo le rivolte del 1848, debbano al filellenismo e all’idea profondamente greca della libertà dell’uomo. Per non parlare dell’influenza architettonica: il famoso Pantheon Walhalla in Baviera è la copia esatta del Partenone!»
Intanto i turisti tedeschi continuano a fare i loro conti: se alla Borsa Internazionale del Turismo tenutasi a marzo a Berlino il presidente delle agenzie di viaggio tedesche Jürgen Buechi aveva snocciolato cifre da brivido per gli albergatori ellenici in attesa di ospiti dalla Germania («le previsioni per il 2012 sono di un meno 30% rispetto all’anno scorso.
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