Swing States, toss-up, grandi elettori, molto Ohio e tanta Florida: si parlerà a ripetizione di questo nella notte tra oggi e domani in tutti i giornali del mondo, sugli schermi di ogni televisione.
Il presidente democratico Barack Obama e il suo rivale repubblicano Mitt Romney si danno battaglia per poter sedere nei prossimi quattro anni alla Casa Bianca. I candidati sono due, eppure il voto nelle urne va a un gruppo di persone: è infatti il Collegio elettorale degli Stati Uniti a eleggere presidente e vicepresidente.
L'elezione di oggi è indiretta: nell'Election Day gli elettori americani non votano per i due candidati in corsa ma per una lista di grandi elettori del loro Stato legata a un candidato (ogni Stato ha un numero di grandi elettori pari al numero dei membri del Congresso che elegge in base alla sua popolazione). I grandi elettori che il 17 dicembre eleggeranno il presidente sono 538. Per diventare prediente serve la metà di questo numero più uno: 270. Chi tra i due rivali arriva in testa in un determinato Stato vince la totalità dei grandi elettori.
È in virtù di questo sistema che giornali, tv e siti assegneranno già alcuni Stati a uno o all'altro candidato prima che i seggi siano chiusi nell'intero Paese (negli Stati Uniti, dalla California allo Stato di New York, ci sono quattro fasce orarie diverse). Prima della chiusura delle urne, exit poll saranno condotti da alcuni dei maggiori mass-media americani: Abc, Cbc, Cnn, Fox, Nbc e Associated Press potranno iniziare a pubblicare dati soltanto dopo le 17EST (orario della costa est). Sarà troppo presto per sapere chi è in testa. Occorre attendere infatti l'orario della chiusura dei seggi, diverso in ogni Stato.
In base all'esperienza delle elezioni passate, gli americani sanno che per avere certezze occorre attendere almeno due ore dalla chiusura delle urne in un determinato Stato. Non è detto però che sia abbastanza. Nel 2000, in Florida, nella gara tra George W. Bush e Al Gore, il riconteggio durò giorni.
La Florida, allora come oggi, è uno Swing State o Battleground State, cioè uno Stato in bilico, con un maggior numero di elettori indecisi. Si parla di toss-up quando il conteggio dei voti è too close to call: mostra numeri troppo vicini per consentire una call, l'assegnazione dello Stato a uno dei due candidati. Con il passare del tempo alcuni Stati saranno etichettati come "lean Obama" oppure "lean Romney", quindi con una tendenza in favore di uno dei due sfidanti.
Nella mappa elettorale americana, alcune certezze si hanno già prima del voto: New York, Illinois, Oregon, California sono per esempio Stati tradizionalmente blu, democratici; Texas, Arizona, Nebraska, Arkansas sono rossi, repubblicani.
Esiste però un numero di Stati in cui si combatte la vera battaglia elettorale. Sono stati in bilico, in cui l'assegnazione non è nota, definitiva, come Florida (29 grandi elettori), Ohio (18), Virigina (13) - i Big Three, perché più popolosi e quindi con un maggiore numero di grandi elettori - Colorado (9), New Hampshire (4), North Carolina (15) e altri.
Importanti dunque gli orari di chiusura dei seggi nei Battleground States. Negli Stati too close to call è probabile che occorrano diverse ore per il conteggio delle schede: l'Ohio, Stato chiave di questa elezione, chiude alle 19:30EST assieme alla North Carolina; la Florida e il New Hampshire alle 20, quindi alle nostre due del mattino. La California, uno degli ultimi Stati a votare, chiude i seggi alle 23EST, all'alba in Italia.
Nel 2008, Barack Obama attese quel risultato - scontato ma cruciale visto il numero di grandi elettori - per fare il discorso della vittoria a Chicago.
Conteggi permettendo, all'alba italiana di mercoledì gli Stati Uniti sapranno chi entrerà alla Casa Bianca. Il discorso della vittoria non significa inizio del mandato: l'inaugurazione, l'avvio dei lavori della nuova Amministrazione, avverrà il 20 gennaio a Washington, davanti a Capitol Hill.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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