Da vivo portava la corona d'oro tempestata di pietre preziose, lo scettro del comando e un'immacolata veste bianca. Da morto l'hanno sepolto in un mini mausoleo e il presidente della Romania, Traian Basescu, ha omaggiato la salma. Florin Cioaba non era un rom qualunque, ma l'autoproclamato «re di tutti gli zingari». Il folcloristico personaggio è spirato domenica scorsa in Turchia per un banale infarto, dove si trovava in vacanza con il seguito familiare. E ieri si è svolto il funerale in Romania. Migliaia di gitani, i suoi «sudditi» gli hanno reso omaggio negli ultimi tre giorni. Ufficialmente il popolo rom è la più consistente minoranza europea con 619mila persone, ma i dati reali parlano di due milioni. E Florin Cioaba è stato ricordato anche in Italia con un struggente «riposa in pace, "re dei rom": non ti dimenticheremo».
Il «monarca» era succeduto nel 1997 al padre, Ion Cioaba, leggendario capo dei rom deportato dai filo nazisti romeni. Il 13 agosto, durante le vacanze in Turchia, Florin è stato colto da un infarto e ricoverato in un ospedale di Antalya. Il presidente romeno, amico personale, aveva inviato un suo medico di fiducia per cercare di salvarlo. Ma non ce l'ha fatta e il figlio Dorin, erede al trono, ha accusato i sanitari turchi di non aver fatto abbastanza. Mentre la salma regale rientrava in patria accolta da religiosi e parlamentari scoppiava la polemica sulle spese mediche con il sospetto di cresta. La famiglia del monarca pretendeva che fosse lo stato romeno a rimborsare una salata parcella apparentemente di 350mila dollari. Di fronte alle proteste dell'opinione pubblica e alle smentite della clinica turca il conto è sceso a 42mila dollari.
Cioaba, pastore pentecostale, era uno degli uomini più ricchi della Romania grazie a una costellazione di aziende specializzate nel trattamento di metalli non ferrosi. A Sibiu, la residenza del «re» in Romania, sono sfilati per tre giorni e durante i funerali in migliaia a tributare l'ultimo saluto. In realtà gli zingari hanno anche un altro re, Ilie Badea Stanescu, bollato come usurpatore dalla dinastia originaria. E addirittura un'imperatore dei rom, Iulian Radulescu, cugino dello scomparso Florin. Dalla sua villa kitsch con piscina il re scriveva all'Onu e alla Commissione europea per i diritti della sua gente. Famoso il guanto di sfida lanciato al presidente Sarkozy, quando aveva deciso le espulsioni di massa degli zingari dalla Francia. Forte dell'autoproclamazione regale Cioaba aveva tuonato: «Non siamo cani».
Nel 2003 lo stesso re si era attirato gli strali di mezzo mondo quando aveva dato in sposa la figlia di 12 anni a un fanciullo rom di 15. Poi si era pentito cominciando a criticare la pratica dei matrimoni combinati fra minorenni del clan. Per anni si è battuto per convincere i rom a mandare i figli a scuola, ma durante il suo regno l'emigrazione dei sudditi ha subito un'impennata. Con conseguente aumento di microcriminalità minorile e accattonaggio nei paesi che li ospitano come l'Italia.
In questi giorni sul sito del Gruppo Everyone, dei pasdaran dei diritti umani, spesso finiti nei guai con la polizia italiana proprio per la difesa a oltranza dei rom è apparso un vero e proprio epitaffio. Il titolo dedicato al «re dei rom di tutto il mondo» non lascia dubbi: «Florin Cioaba, non ti dimenticheremo mai».
Il monarca riposa in una bara di mogano bianca, che ieri è stata tumulata nel mini mausoleo da 20mila euro costruito in fretta e furia dalla famiglia.
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