Non voleva diventare regina per nulla al mondo, la piccola Lilibet. Sua nonna materna, Lady Strathmore, raccontò che la principessa scongiurava Dio, tutte le notti, perché arrivasse un fratellino, così che fosse l’erede maschio a salire un giorno sul trono. Quel giorno non arrivò mai. Elizabeth Alexandra Mary Windsor andò incontro al suo destino il 2 febbraio del 1952, appena appresa la notizia, durante un viaggio in Kenya, che suo padre, Giorgio VI- il re che non volle abbandonare Londra nemmeno durante i bombardamenti della Germania nazista- era morto. Regina nel giorno più triste della sua vita. Regina nonostante l’avesse sempre scongiurato. Regina del Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord a soli 27 anni. Monarca di 16 Paesi sovrani del Commonwealth, dall’Australia alle Barbados, dal Canada alla Papua Nuova Guinea.
Regnava quando il premier David Cameron non erano ancora nato. Ha visto il principe Ranieri sposare Grace Kelly, Jfk succedere a Eisenhower, ha visto dodici capi di governo avvicendarsi alla guida del Regno Unito, ha visto Margaret Thatcher e le bombe dei terroristi dell’Ira, ha visto la guerra delle Falkland e vede le Falkland infiammarsi di nuovo, ha visto tre dei suoi quattro figli divorziare, ha visto suo nuora, la principessa Diana, morire in un incidente stradale dopo aver puntato il dito contro le ipocrisie della casa reale. Ha vissuto il suo annus horribilis , il 1992, e vive oggi il suo annus mirabilis .
Con i festeggiamenti cominciati ieri per il Diamond Jubilee, nella ricorrenza della sua incoronazione, l’Inghilterra non festeggia solo sessant’anni di regno ininterrotto di Sua maestà (fra tre anni, all’età di 89, Elisabetta II diventerà la più longeva monarca del Regno Unito) ma si unisce attorno a un simbolo di unità e coerenza, che aiuta a definire l’identità e a risvegliare l’orgoglio.«Vi servirò finché vivo», dice lei. E infatti il consenso per Sua maestà è ai massimi storici: il 76% degli inglesi ammette di apprezzare la regina e anche chi non ama l’istituzione monarchica ammira Sua Maestà. La stampa si inchina di fronte alla sobrietà e all’abnegazione di Elisabetta II: «Siamo felici ci sia una cittadina britannica che non è alla mercè dei mercati e del profitto spudorato », scrive il «repubblicano» Guardian . Il
Telegraph , ancora più dalla sua: «Con dedizione, senso del dovere e disciplina, quelle tre parole con la “d” quasi estinte all’inizio del XXI secolo, ha portato un fardello per noi tutti. Scommetto che non sapremo quanto pesante fosse fino a che non se ne sarà andata». Poi una citazione di Shakespeare per ricordare quanto controvoglia l’ex principessa Elisabetta vedesse la sua salita al trono. «La lotteria del mio destino mi preclude il diritto di scegliere con la mia volontà», diceva Porzia ne «Il mercante di Venezia», proprio come accadde a Elizabeth quando prese lo scettro. «Ma la lotteria l’abbiamo vinta noi inglesi», scrive Allison Pearson. Una gara di buoni ideali, ma anche di business.
«La famiglia reale proietta un alone positivo che contagia il resto dell’economia britannica », scrive la società di consulenza Brand Finance. Se fosse quotata in Borsa, «The Firm», la «ditta» Windsor, varrebbe 44,5 miliardi tra palazzi reali, gadget, turismo. Una lotteria, sì. Di nome Elisabetta II.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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