Detto e fatto: il nuovo governo francese ha già messo mano alla riforma delle pensioni, obiettivo ritornare a 60 anni, almeno per chi ha cominciato a lavorare presto. Si tratta, ha spiegato il premier socialista Jean-Marc Ayrault, di tener fede agli impegni presi da François Hollande durante la campagna presidenziale e di «correggere e cancellare un’ingiustizia».
La riforma si farà per decreto, già in «due-tre settimane», vale a dire prima delle elezioni legislative del 10 e 17 giugno. Un gesto simbolico, che mette nel mirino proprio la riforma realizzata nel 2010 dal presidente Nicolas Sarkozy, un passo storico in Francia, che non era riuscito in precedenza a nessun governo. L’età legale minima per lasciare il lavoro era stata spostata da 60 a 62 anni, e da 65 a 67 anni l’età necessaria per poter andare in pensione con il massimo. La riforma targata Hollande-Ayrault è, quindi, un segnale di rottura col passato, ma anche un avvertimento ai partner europei, prima tra tutte la campionessa del rigore, Angela Merkel, alla vigilia del vertice di Bruxelles: sappiano che la Francia ha la sue idee e intende portarle avanti, piaccia o no agli altri. Più che un biglietto da visita per l’esordio europeo di Hollande, è un guanto di sfida: non da oggi Bruxelles ammonisce sulla necessità per i governi di aumentare l’età pensionabile, sia per disinnescare la bomba a orologeria demografica, sia per evitare il tracollo finanziario. I numeri sono noti: i pensionati costituiscono una quota significativa e in rapida crescita della popolazione europea(120 milioni, il 24%), in particolare ora che le coorti dei baby-boomer raggiungono l’età del ritiro, e contemporaneamente si riduce il numero delle persone in età lavorativa. Nel 2008 erano quattro per ogni ultrasessantacinquenne: entro il 2060 la proporzione si ridurrà a due contro uno. L’impatto dell’invecchiamento demografico è ulteriormente aggravato dalla crisi economica. Le pensioni rappresentano già una quota estremamente grande della spesa pubblica: oggi si tratta in media del 10% del Pil, che potrebbe salire al 12,5% nel 2060. Ma per arrivare all’Eliseo, Hollande ha deciso di rischiare il tutto per tutto. Tanto più che il decreto sulle pensioni è solo il primo passo del nuovo welfare targato Parigi: Ayrault ha annunciato una «grande conferenza sociale» entro il 14 luglio, la festa nazionale che ricorda la presa della Bastiglia, a proposito di gesti simbolici. Si parlerà di tutto, dal salario minimo che Hollande ha promesso di aumentare alle pensioni. Ma prima di tutto, il decreto: i dettagli della riforma non sono ancora stati rivelati ma l’intenzione di Ayrault è di abbassare l’età pensionabile per quelli che hanno iniziato a lavorare a 18/19 anni, permettendo loro di ritirarsi con il massimo previsto a 60 anni invece che a 62, se hanno accumulato 41 anni di contributi. Il progetto ricalca uno dei punti chiave del programma di Hollande e riguarderebbe una platea di circa 100mila persone per il primo anno.
Il clima si surriscalda quando si parla di costi: per il governo i francesi pagheranno un miliardo di euro l’anno, cioè 5 miliardi da oggi al 2017, cifra che dovrebbe essere finanziata con un aumento dello 0,1% annuo dei contributi versati dalle aziende e di quelli versati dai lavoratori. Il presidente dell’Assemblea nazionale, Bernard Accoyer, invece, ha parlato di «20 miliardi da qui al 2018», citando cifre di esperti in suo possesso, oltre a essersi infuriato per il metodo: «Si fanno beffe del Parlamento», ha detto.
Anche gli industriali del Medef, la Confindustria francese, sottolineano gli alti costi della manovra. E Jean-Francois Cope, leader Ump - il partito di Sarkozy - lancia l’allarme: «Il governo socialista ha appena aperto il vaso di Pandora riportando il ritiro a 60 anni e sarà difficile chiuderlo di nuovo».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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