Libere anche le Pussy Riot. È il potere delle Olimpiadi

Da Berlino '36 in poi, i Cinque cerchi si sono spesso intrecciati alle strategie dei leader. E ora tocca anche ai giochi invernali

Le Pussy Riot Maria Alyokhina e Nadezhda Tolokonnikova
Le Pussy Riot Maria Alyokhina e Nadezhda Tolokonnikova

La zavorra è andata. Ora il dirigibile di Zar Vladimir può veleggiare leggero verso il Caucaso. L'arrivo è fissato per il 7 febbraio, ma con la liberazione delle Pussy Riots Nadezhda Tolokonnikova e Maria Alekhina scarcerate ieri, le Olimpiadi di Soci possono dirsi definitivamente iniziate. Anche perché lo spettacolo vero, dal punto di vista politico, non si svolgerà sulle piste, ma al Cremlino. Per Zar Putin quei giochi invernali costati quasi 38 miliardi di euro sono, 300 anni dopo, l'equivalente della fondazione di Pietroburgo per Pietro il Grande. Con l'inaugurazione di quella città eretta sulle paludi il predecessore di Vladimir fece capire che l'Europa doveva iniziare a far i conti con Mosca. Con le Olimpiadi invernali di Soci, ambientate in un Caucaso apparentemente ripulito dai ribelli ceceni, il presidente russo celebra il ritorno della Russia tra le grandi potenze. Ospitando la prima grande manifestazione internazionale dopo la disintegrazione dell'Urss, il presidente fa capire al mondo che Mosca è di nuovo pronta a sfidare chiunque intralci i suoi progetti. Lo ha già dimostrato in Medio Oriente mettendo il silenziatore ad un Obama pronto a colpire la Siria. Lo sta facendo dal Baltico agli Urali umiliando con le batterie missilistiche di Kaliningrad e con la partita Ucraina i goffi tentativi d'allargamento a est di Bruxelles. E i giochi, val la pena di ricordarlo sono appena iniziati. Oltre l'orizzonte di Soci c'è il progetto di Eurasia che ricompattando Russia e Ucraina, Bielorussia e Moldavia, Armenia, Kazakistan e Kirghisia potrebbero veramente risvegliare la crisalide di una nuova «Unione Sovietica» capace di schiacciare l'Europa e giocare alla pari con Washington e Pechino. Per questo a Soci, come a Berlino nel 1936, non si gioca il presente, ma il futuro sogno geopolitico di Putin. Di fronte alla vastità di quel progetto gli strilli delle due Pussy Riots diventano veramente poca cosa. «Russia senza Putin!» auspica Nadezhda appena riemersa dal plumbeo ospedale carcerario di Krasnoyarsk. «Se avessi potuto, avrei rifiutato la misericordia di Putin», le fa eco l'amica Maria appena fuori dal carcere di Nizhnij Novgorod. Frasi coraggiose, pronunciate da due ventenni che a differenza dell'ex oligarca Mikhail Khodorkovsky non possono contare su agiati conti svizzeri e sulla prospettiva di un dorato esilio.
Ma lo stridio delle due Pussy non porterà molto lontano. Putin doveva a tutti i costi liberarsi di loro e del nemico Khodorkovsky per ripulire il palcoscenico su cui presenterà la prossima e più importante partita a scacchi con il resto del mondo. Con quella magistrale amnistia ha scaricato le armi di chi era pronto a sfidarlo nel campo dei diritti umani. Ora resta aperto il contenzioso sui gay, ma se Obama, presunto principale avversario, preferisce starsene in disparte e infastidirlo trasformando due ex campioni, uno omosessuale e una lesbica, negli alfieri della delegazione Usa allora il presidente russo può veramente dormir sonni tranquilli.
E a chi gli rimprovera di calpestare lo spirito olimpico trasformando i cinque anelli in un simbolo della propria volontà di potenza l'ex capo Direttorato del Kgb di Dresda non deve neppure rispondere. Per quello basta la storia. Una storia che non finisce a Berlino con Hitler e la risposta di Jesse Owens. Nel '48 le Olimpiadi affidate a Londra segnano il ritorno in pista delle nazioni che dieci anni prima sembravano destinate alla sconfitta. Nel '68 i pugni chiusi di Tommie Smith e John Carlos sul podio dei 200 metri a Città del Messico diventano il simbolo della rabbia dell'America nera. La strage di Monaco del 1972 costringe il mondo a far i conti con l'emergere del terrorismo.

Il boicottaggio dei giochi Mosca dell'80 è la risposta americana all'invasione dell'Afghanistan. Le Olimpiadi di Pechino nel 2008 segnano la definitiva consacrazione della Cina a grande potenza.
A Soci tocca a Vladimir. E con questi precedenti ci sarà poco da criticare.

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