La Storia non insegna nulla. Ancora una volta la Francia ha preso l'iniziativa di trascinare il resto dell'Occidente in una guerra e nuovamente l'Italia si è accodata apparentemente malvolentieri, sminuendo il proprio ruolo, salvo poi lamentarsi di non venire invitata a sedere al tavolo dei vincitori per spartirsi il bottino.
Ancora una volta, dopo il sostanziale fallimento delle guerre contro il terrorismo islamico globalizzato sferrate in Somalia, Afghanistan, Irak e Yemen, costate circa 4mila miliardi di dollari (a parità di valore corrisponde a quanto gli Stati Uniti hanno speso nella Seconda guerra mondiale), si scatena una nuova guerra contro Al Qaida nel Mali facendo subito divampare l'incendio in Algeria dove sarebbero stati uccisi almeno 6 ostaggi stranieri (secondo Al Jazeera, il megafono degli estremisti islamici, le vittime sarebbero 34). Ancora una volta il cosiddetto «Mondo libero» si presenta disunito di fronte alla sfida epocale scatenata dai fanatici di Allah, con tanti assenti sul campo di battaglia, divisi tra chi non vuole farsi coinvolgere per ragioni ideologiche o più prosaicamente economiche, o tra chi teme la rappresaglia all'interno delle proprie frontiere e preferisce, celando la pavidità di fondo, scendere a patti con gli islamici radicali in doppiopetto che ci assicurano - bontà loro - la coabitazione pacifica a casa nostra!
La Francia è sempre la Francia. Così come Sarkozy - per risollevare le proprie quotazioni alla vigilia delle elezioni presidenziali - sferrò la guerra contro la Libia di Gheddafi, oggi Hollande - anche lui in calo di popolarità per la crisi economica e la fuga dei grandi capitali - ha sferrato la guerra nel Mali nonostante in campagna elettorale, pur di screditare il suo rivale, promise il ritiro delle forze francesi dall'Afghanistan attribuendosi l'aureola del pacifista.
E l'Italia è sempre l'Italia. Così come Berlusconi si fece coinvolgere suo malgrado nel conflitto contro l'imprevedibile e imbarazzante «amico» Gheddafi, consapevole che l'obiettivo vero era spodestare l'Italia dal primo posto nelle relazioni economiche con la Libia, anche Monti viene trascinato in una partita che inciderà, non sappiamo ancora come, sull'andamento della campagna elettorale.
La nuova guerra nel Mali sopraggiunge in un contesto in cui gli islamici radicali dei Fratelli Musulmani - sfruttando la colossale menzogna mediatica della «Primavera araba» - hanno conquistato il potere in Egitto, Marocco e Tunisia, così come sono a un passo dal potere in Siria, Giordania e Libia, mentre Al Qaida si è consolidata controllando dei territori in Nigeria, Somalia, Yemen e appunto nel Mali. Ovunque ci si guardi attorno l'estremismo islamico, sia quello dei taglia-gola sia quello dei taglia-lingua, è considerevolmente più forte rispetto a quello presente alla vigilia dell'11 settembre 2001.
Eppure questo Occidente si sta svendendo, da un lato, ai poteri finanziari speculativi globalizzati e, dall'altro, al potere del radicalismo islamico. Il governo Monti è l'incarnazione di questa realtà, anche nelle sue componenti cattoliche che sono in prima linea nella legittimazione dell'islam come religione di pari valore e dignità del cristianesimo. È ad esempio il caso delle Acli che hanno appena finanziato un Master di formazione degli imam presso l'Università di Padova e il cui presidente, Andrea Olivero, è capolista della Lista Monti al Senato in Piemonte.
Se volessimo imparare dalla Storia capiremmo che dobbiamo innanzitutto essere forti dentro, certi e orgogliosi di chi siamo, capaci di accogliere il prossimo senza rinunciare alla nostra civiltà, investendo nell'emancipazione dalla povertà e nella promozione del ceto medio negli Stati islamici, chiarendo che non siamo una terra di nessuno e che non vogliamo trasformarci in una terra di conquista né da parte del dio denaro né da parte del dio Allah.
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