Sui marò il governo Renzi imbocca la strada giusta scoprendo l'acqua calda. Sempre meglio di niente e dello stallo che stava facendo dimenticare Massimiliano Latorre e Salvatore Girone. Peccato che ci siano voluti due anni di ondivaga linea italiana per respingere definitivamente il processo in India, trincerarsi dietro l'immunità funzionale dei nostri fucilieri di Marina e puntare all'internazionalizzazione del caso.
La «svoltina» è stata accompagnata dal benservito all'inviato speciale Staffan De Mistura, che fin dall'inizio ha interpretato, a torto o ragione, la linea schizofrenica dei precedenti governi. Lo hanno messo gentilmente alla porta con «un ringraziamento reale e non virtuale» giustamente sottolineato dal ministro degli Esteri, Federica Mogherini. All'elegante ambasciatore di stampo Onu, nonostante le critiche che non gli abbiamo risparmiato, va concesso l'onore delle armi. Il suo cruccio, al di là del concordato benservito, è quello di non essere riuscito a portare a casa i marò, una causa in cui ha creduto fino in fondo.
Ieri il ministro Mogherini e la responsabile della Difesa, Roberta Pinotti, sono intervenuti alle commissioni Estere congiunte di Camera e Senato. «Il 18 aprile l'Italia ha inviato una nota verbale alle autorità indiane, la quinta in due mesi, ricevuta da Delhi il 21 aprile, in cui si riconferma il richiamo all'immunità funzionale» dei due militari e al «diritto internazionale», ha spiegato Mogherini. L'Italia chiede agli indiani di sedersi attorno ad un tavolo con degli esperti giuridici per dirimere la disputa. Se, come è plausibile tenendo conto del lungo voto per le politiche locali, l'India continuerà a fare melina «si procederà al vaglio degli strumenti preposti alla risoluzione delle controversie internazionali». In pratica l'Italia chiederà un arbitrato e nel frattempo vuole che i marò tornino in patria.
Il problema andava risolto con lo stesso piglio 26 mesi fa, quando Latorre e Girone sono stati consegnati alla polizia del Kerala facendoli scendere dalla nave italiana che difendevano dai pirati.
Poi abbiamo continuato a sperare nella giustizia indiana appellandoci alla Corte suprema di Delhi, che avrebbe dovuto rimandarli a casa per un processo in patria. Invece i marò sono stati strappati dalle grinfie del Kerala per farli finire nelle fauci farraginose della giustizia centrale.
Le due rappresentanti del governo ieri hanno fatto un figurone, ma la via d'uscita dell'arbitrato internazionale era già stata intrapresa dal ministro degli Esteri Giulio Terzi che voleva tenere i marò in patria dopo l'ennesimo permesso vacanza. Il calabraghismo traditore dell'allora premier, Mario Monti, rimandò a Delhi i due fucilieri di Marina.
Mogherini e Pinotti, del Pd, pur imboccando la strada giusta, dovrebbero spiegare come mai il precedente governo Letta del loro stesso partito ci ha fatto perdere un anno abbracciando il processo in India, un clamoroso buco nell'acqua.
La «svoltina» di ieri speriamo serva veramente a smuovere il caso, anche se i tempi rischiano di diventare biblici.
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