Il patriarca della chiesa russa non lo ha detto apertamente, ma ci è andato davvero vicino. «Spero che il risultato di queste elezioni permetta al nostro paese di proseguire lo sviluppo spirituale e materiali degli ultimi anni», ha commentato ieri pomeriggio, mentre votava nel seggio speciale allestito a Chisty Pereulok, la sua dimora di Mosca. Se si pensa che la parola usata più spesso da Vladimir Putin in questa campagna elettorale è stata «stabilità», non è difficile immaginare quale nome fosse scritto sulla scheda del patriarca Cirillo. Ieri la Russia è andata alle urne per scegliere il nuovo presidente, i risultati definitivi ancora non ci sono ma Putin ha conquistato il suo terzo incarico al Cremlino dopo una parentesi di quattro anni alla guida del governo. Putin ha votato nel centro della capitale con la moglie Ludmylla: poche ore più tardi le attiviste di Femen, il movimento di ragazze ucraine conosciuto in tutta Europa per le proteste in topless contro banche, governi e personaggi politici, ha cercato di rubare l’urna con la scheda del presidente. Quel che si sa è che si trovano agli arresti e che potrebbero essere espulse dal paese già nelle prossime ore.
I movimenti di opposizione hanno già denunciato brogli e irregolarità nei seggi, anche se le percentuali degli exit poll e dei primi risultati, che oscillano fra 59 e 63%, riportano Putin, che ha festeggiato in lacrime, alla presidenza della Federazione senza passare dal secondo turno di ballottaggio. Alla fine dello spoglio il suo rivale più pericoloso, il comunista Gennady Zyuganov, dovrebbe arrivare secondo; lontano il milionario Alexandr Prokhorov, che aveva deciso di scendere in politica per portare vento liberale in Russia. La popolarità di Putin è trasversale, parte dai ranghi della chiesa ortodossa (che pure lo avevano criticato nel corso della campagna elettorale) e arriva alle grandi masse delle periferie urbane. Negli ultimi mesi si sono registrate decine di proteste contro il Cremlino, che hanno avuto come protagonisti giovani intellettuali, manager ed esponenti della classe media. La grande maggioranza della popolazione, tuttavia, resta con il leader. «Noi crediamo che sia un buon politico, Putin ha sempre fatto il bene del nostro paese», dice Dmitri, un uomo sui cinquanta seduto a un tavolo del ristorante Le Borshch, nel centro di San Pietroburgo.
In questa città, la città in cui sono nati sia Putin sia il suo delfino, Dmitri Medvedev che oggi siede al Cremlino ma presto prenderà la guida del governo, la domenica del voto è passata come se fosse un giorno qualunque: le mamme con il cappotto accompagnano i bambini alle piste da hockey trascinando i loro borsoni enormi e le coppie passeggiano lungo le strade eleganti del centro. Non ci sono molti manifesti elettorali, quelli di Putin non hanno la sua fotografia ma soltanto il nome. «Non sono andata a votare, la politica non mi interessa per niente», racconta Ksenia, una ragazza di vent’anni che studia all’università. Viene proprio dal dato dell’astensionismo la grande incognita di queste elezioni: ieri, intorno alle 13 di Mosca, il tasso di partecipazione viaggiava intorno al 30 per cento, il 4 in più rispetto alla tornata precedente.
Il governo ha fatto installare centinaia di telecamere nei seggi prima del voto, un sistema per tenere sotto controllo la fase del conteggio. L’operazione sembra efficace: a San Pietroburgo la polizia ha già confermato un caso di urne truccate. A Mosca, i sostenitori di Putin si sono radunati già ieri pomeriggio in attesa degli annunci ufficiali. Il ministero dell’Interno ha rafforzato i controlli in città, aumentando il numero degli agenti in servizio. Quel che si teme non è la festa dei Nashi, il giovane esercito del presidente: oggi l’opposizione potrebbe organizzare un grande corteo di protesta, come dicono gli accordi siglati nei giorni scorsi nel palazzo del governatore, e il pericolo di scontri è elevato. Alla marcia non dovranno partecipare più di diecimila persone, ha detto il numero uno di Mosca, Sergei Sobyanin: «Non permetteremo a nessuno di mettere le tende nelle nostre piazze».
In altre parti del paese, questo giorno non sarà ricordata soltanto per il (probabile) successo di Putin. In Inguscezia, la Repubblica più piccola e più povera del Caucaso, un anziano signore è arrivato al seggio per firmare un record stravagante: con i suoi 116 anni compiuti, Appas Iliyev è diventato il più vecchio elettorale nella storia del paese.
«Quest’uomo è nato nel 1896 e ha votato nel villaggio di Guli», ha fatto sapere il presidente della commissione elettorale. Ma le elezioni del 2012 hanno anche un altro primato, decisamente meno triviale: ben cinque persone sono morte per arresto cardiaco ai seggi. Ma questa è l’unica notizia luttuosa nella domenica di Putin.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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