Dopo mesi di indecisioni, di linee rosse tracciate e attraversate, di discussioni nei corridoi della politica su come arginare la crisi siriana, nelle ultime ore da Washington emergono notizie che sembrano andare nella direzione di un maggior coinvolgimento internazionale. Gli Stati Uniti starebbero pensando a una limitata no-fly zone sul Paese, scrive il Wall Street Journal: 40 chilometri dal confine giordano in territorio siriano che garantirebbero l'incolumità dei profughi in rotta verso la Giordania e l'addestramento di ribelli.
Nel regno giordano, alleato di Washington, si trovano già batterie di missili Patriot, per la difesa aerea, e F-16 dell'aviazione americana, oltre a quasi quattromila soldati. Il ministero degli Esteri francese ha spiegato ieri che per impostare una no-fly zone è necessario però il voto del Consiglio di Sicurezza, in cui siedono Russia e Cina che si oppongono a qualisasi intervento contro il regime di Bashar El Assad. Secondo il quotidiano americano, invece, una no-fly zone di questo tipo non richiederebbe l'approvazione delle Nazioni Unite, perché i jet americani, capaci di colpire obiettivi da chilometri di distanza, potrebbero agire contro l'aviazione siriana senza entrare nello spazio aereo di Damasco.
La limitata no-fly zone farebbe parte di una proposta militare degli Stati Uniti per armare alcuni gruppi di ribelli. Per la prima volta, giovedì l'Amministrazione americana ha detto d'avere le prove dell'utilizzo di armi chimiche da parte del regime di Damasco: una linea rossa invalicabile, ha detto per mesi il presidente Barack Obama. Il vice consigliere per la Sicurezza nazionale Ben Rhodes ha annunciato che Washington darà quindi sostegno militare ad alcuni gruppi. Secondo il New York Times, l'assistenza militare consisterà nella fornitura di armi leggere e munizioni, non dispositivi per difesa anti-aerea.
Nelle scorse ore Stati Uniti, Francia e Gran Bretagna hanno tenuto riunioni d'emergenza sulla questione. Londra ha annunciato di non aver ancora preso una decisione sulla fornitura di armi ai ribelli e il segretario generale dell'Onu Ban Ki-moon ha dichiarato che armare qualsiasi fazione in Siria «non sarà utile».
La decisione degli Stati Uniti d'irrobustire il sostegno all'opposizione siriana con forniture militari da combattimento - finora gli aiuti si erano limitati a materiale tecnologico «non letale» - sarà al centro dell'incontro bilaterale tra Obama e il collega russo Vladimir Putin a lato del G8 in Irlanda del Nord, lunedì. Lo ha anticipato l'assistente del leader del Cremlino, Yuri Ushakov, che ha anche definito «non convincenti» le prove date dagli Stati Uniti sull'utilizzo di armi chimiche in Siria. Per Alexei Pushkov, capo della Commissione Affari esteri della Duma, «Obama sta prendendo la stessa deriva di Bush» con «bugie sulle armi di distruzione di massa». Il riferimento è al 2003, alle discussioni sulle presunte armi letali di Saddam Hussein alla vigilia dell'intervento americano in Irak. La Nato e l'Unione europea, intanto, hanno chiesto l'invio di ispettori in Siria per verificare prove e sospetti internazionali sull'uso di ordigni chimici.
Damasco ha reagito con un comunicato diffuso sulla tv di Stato: il rapporto della Casa Bianca «è pieno di menzogne».
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