Un colpo al cerchio e uno alla botte, come sempre. Barack Obama riconosce che l'Isis - l'armata qaidista che si sta mangiando una fetta dell'Irak e che punta verso la capitale Bagdad lasciandosi dietro una spaventevole scia di sangue - è «una minaccia per il popolo iracheno, per la regione e per gli Stati Uniti», ma ribadisce che «non esiste una soluzione militare» per questo problema: «Gli Stati Uniti non torneranno a combattere in Irak con le loro truppe».
Invieranno, invece, circa 300 consiglieri militari per aiutare gli iracheni a far meglio da soli. E «se sarà necessario» s'impegneranno in qualche azione «mirata e precisa», presumibilmente dal cielo. In vista delle quali, sembra, ieri hanno sorvolato il territorio iracheno caccia F-18, decollati dalla portaerei «George H.W. Bush», per controllare le postazioni tenute dallo «Stato islamico dell'Irak e del Levante».
«L'Irak è un Paese sovrano. Ora che sono in crisi, stiamo dicendo agli iracheni che non c'è una semplice soluzione militare a quello che sta accadendo, che non abbiamo la capacità di risolvere la situazione con migliaia di soldati». Eccola la risposta di Obama al premier al-Maliki, che aveva chiesto agli americani di attaccare le armate jihadiste: la soluzione dev'essere politica. Dunque il presidente americano annuncia un'imminente missione del suo segretario di Stato John Kerry, che partirà già nel fine settimana per una serie di incontri nella regione mediorientale (ma anche in Europa). L'obiettivo è quello di mettere a punto con gli alleati moderati nella regione quella strategia comune contro il terrorismo che dovrebbe portare anche alla soluzione della drammatica crisi in Irak.
Obama si è rivolto anche all'Iran, che nei giorni scorsi aveva fatto capire di essere disponibile a una collaborazione con gli americani contro il comune nemico jihadista sunnita in Irak. Per il presidente degli Stati Uniti «L'Iran può ricoprire un ruolo costruttivo se manderà al governo iracheno lo stesso messaggio che stiamo mandando noi», ovvero che c'è bisogno di un governo di unità nazionale. Una chiara critica alla linea di Teheran di sostegno al governo sciita iracheno di al-Maliki, i cui eccessi di faziosità hanno spinto tanti sunniti iracheni nelle braccia degli estremisti.
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