Sembra un paradosso. «Sì» alla depenalizzazione del possesso di piccole quantità di marijuana ma «no» alle bibite zuccherate dalla taglia esagerata. Questa è New York e in particolare il suo sindaco, Michael Bloomberg, quintessenza del liberalismo americano.
Se ad alcuni può sembrare strano per un politico che è stato prima repubblicano, poi democratico e infine autodefinitosi «fieramente indipendente» il tutto si riconcilia senza un grinza perché come nota giustamente l'irriverente rivista americana Slate a Bloomberg «non gliene importa nulla di ciò che pensano gli altri».
Infatti, dal 2002, il primo cittadino della Grande Mela ha promosso una lunga lista di iniziative volte a ordinare la vita dei cittadini. Già dal lontano 2005 New York è la prima città al mondo a vietare il trans fat (una forma di grasso non saturo) o in altre parole a imporre limiti ai migliaia di ristoranti che fanno dell'hamburger unto e bisunto il loro plat de résistance. Non contento, nel 2010, Bloomberg ha imposto che su ogni menù cittadino, a fianco delle diverse portate, sia messo in bella vista l'ammontare delle calorie in modo che i cittadini siano «facilitati in una scelta ragionata».
Poi dal 2011 è stato vietato il fumo in tutti i luoghi pubblici con l'eccezione di piccoli spazi appositi solitamente sistemati sotto lo sguardo attento e severo dei passanti; e di nuovo nello stesso anno la città ha passato un'ordinanza che ha imposto ai supermercati e ai ristoranti di ridurre del 25 per cento la quantità di sodio presente nei cibi venduti pre-impacchettati. «Grande Nonna» è già soprannominato il sindaco da molti newyorchesi e ancora «tata Bloomberg» è apparso scritto su una pubblicità diffusa la settimana scorsa sul New York Times a cura dal Center for Consumer Freedom, una lobby che rappresenta alcune delle maggiori compagnie alimentari americane. Ora nessuno crede alle buone intenzioni dietro allo sforzo delle lobby di difendere il diritto degli americani a bere Pepsi à gogo e nessuno vuole mettere in discussione il fatto che patatine fritte e cheeseburger siano dannose per la salute. Anche per quanto riguarda la marijuana chi ha fino a oggi maggiormente ha guadagnato da un ordinamento giudiziario severo sono state le carceri, in America in mano a società private che ricevono sussidi statali in base al numero di reclusi. Ciò che però irrita è l'asserzione implicita nell'atteggiamento di Bloomberg: il paternalismo.
Perché è questo che lega l'interdizione a bere troppe bibite zuccherate, il divieto imperativo di fumare una sigaretta a Central Park e il non poter scegliere di mangiare le patatine che si preferiscono. Questo tipo di salvaguardia è l'ossessione tipica del liberal americano, quella saggezza infusa di un’autorità che guarda dall'alto verso il basso, convinta che le élite sappiano sempre cosa sia meglio per le masse e mai viceversa.
Questo stesso atteggiamento può essere anche colto nella decisione di Bloomberg di blindare la città l'estate scorsa quando l'uragano Irene colpì New York e il sindaco fece chiudere in maniera preventiva la metropolitana, consigliò ai newyorchesi di rimanere a casa e adottò toni che sembravano premonire l'arrivo del giudizio universale. A New York i danni furono minimi. E se i media liberal lo hanno comunque osannato, la sentenza dei lavoratori del Dipartimento del trasporto di New York è stata una sola: «Reazione esagerata».
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