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"La perizia sui nostri marò? È un falso clamoroso"

Il perito smonta le accuse degli indiani. Usate due macchine da scrivere con caratteri diversi. E i marò riabbracciano i loro familiari

"La perizia sui nostri marò? È un falso clamoroso"

Gli indiani la spacciano per la prova regina, la vendono come la pistola fumante capace d’inchio­dare i marò Massimiliano Latorre e Salvatore Girone. In verità le ri­sultanze della perizia balistica passate ai giornali indiani e docu­mentate il 4 aprile dai servizi del TgUno e del TgDue sono un bana­lissimo falso. Un falso confezionato alteran­do i risultati di una perizia capace forse di scagionare i nostri due mi­litari. Una bufala data in pasto a giornali e televisioni per minare le certezze dei nostri diplomatici e convincere l’opinione pubblica indiana e italiana della colpevo­lezza dei nostri militari. A dimo­s­trarlo è l’ingegner Luigi De Stefa­no, un perito giudiziario 60enne famoso per aver cercato di far lu­ce sui misteri dell’ae­reo dell’Itavia abbattu­to nei cie­li di Usti­ca.

«Guar­dando il do­cumento mes­so in onda il 4 aprile dal Tg1 e dal Tg2 –spiega a Il Giornale il peri­to giudiziario – bal­za immediatamen­te agli occhi che si tratta di un documento chiara­mente contraffatto, realizzato con due macchine da scrivere di­verse. In quel documento notia­mo delle alterazioni evidenti. Ci sono delle cancellazioni, dei testi sottotraccia e dei timbri che non quadrano. Abbiamo davanti una perizia passata da più mani dopo la sua stesura originale e alterata per dimostrare conclusioni diver­se e­più favorevoli alla versione so­stenuta dalla parte indiana».

Andiamo con ordine. La ricerca dell’ingegner De Stefano parte dalle riprese televisive del docu­mento di 36 pagine trasmesso al magistrato di Kollam dal direttore del laboratorio di Thiruvanantha­puram, l’istituto dove si è svolta la perizia balistica sui proiettili tro­vati nello scafo del peschereccio e nei cadaveri dei due pescatori. Il documento è redatto usando non un computer, ma una vecchia macchina da scrivere meccanica. Una macchina antiquata maneg­giata da un dattilografo esperto che elenca minuziosamente i vari reperti andando a capo di volta in volta. Quando si arriva ai reperti 1.4 e 2.3. - ovvero quelli cruciali perchè relativi ai proiettili ritrova­ti sul peschereccio e nel cadavere del pescatore Valentine Jalestine - la meccanica precisione del datti­lografo scompare. Gli «a capo» non sono più allineati, sul foglio s’intravvede l’ombra di righe can­cellate, persino i caratteri appaio­no assolutamente diversi.

«Confrontando anche ad oc­chio nudo i numeri di protocollo e il nome del pescatore Mr. Ajeesh Pink- spiega il perito - appare evi­dente che sono stati aggiunti suc­cessivamente usando un’altra macchina da scrivere con caratte­ri diversi. Sono parti posticce ag­giunte dopo aver cancellato un te­sto preesistente. Il testo originale è ancora evidente sotto traccia sul lato sinistro del foglio».

Gli ingrandimenti delle righe ar­­tefatte, aggiunte in zone dove il te­sto originale è stato chiaramente cancellato o sbianchettato, fanno capire che la maldestra falsifica­zion­e serve a far sparire conclusio­ni diverse da quelle inserite.

Un al­tro elemento assai sospetto è il tim­bro rosato che appare sul fronte­spizio del documento e sembra convalidare ogni foglio della peri­zia. Sopra il punto 2.3, quello con il nome del pescatore Valentine Ja­­lestine, il timbro sembra aggiunto successivamente alle correzioni.

«Un perito - spiega De Stefano ­parte sempre dall’analisi dell’ori­ginalità di un documento. In que­sto caso mi sembra evidente che gli indiani hanno venduto prima ai propri giornalisti e poi al corri­spo­ndente della Rai una perizia al­terata in diversi punti cruciali. Par­tendo da queste premesse tutte le risultanze e le conclusioni appaio­no irrilevanti perché si tratta con molta probabilità di un falso».

Un falso che dimostra una volta di più come la vicenda dei due ma­rò sia solo una partita truccata e che ora gli indiani vorrebbero chiudere con una perizia fasulla.

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