Il fumo passivo? Non fa male a una mosca. E come no. Certificato, con tanto di firma di illustri scienziati sotto il documento. Peccato che quegli scienziati avessero preventivamente intascato, per dichiarare il falso, ricche bustarelle da una società produttrice di sigarette. È una brutta storia, una vera e propria «french connection»: una guerra segreta tra l'industria del tabacco americana e gli esperti sanitari internazionali per minimizzare i rischi del fumo passivo.
«Le Monde» ha pubblicato dei documenti del 1989 che rivelano come la Philip Morris, attraverso la società legale Covington & Burling, abbia reclutato degli scienziati francesi per dimostrare al mondo che non ci sono legami tra fumo passivo e il cancro al polmone. Era stato nel 1981 che un famoso scienziato giapponese, Takeshi Hirayama, aveva pubblicato sul «British Medical Journal» una grande inchiesta epidemiologica che, senza ambiguità, mostrava appunto una chiara connessione tra il tabagismo e il tumore.
Così, nel 1989, la Philip Morris decise di ricorrere a degli scienziati francesi, lontani dai giochi dell'industria Usa, per evitare il crollo delle vendite di sigarette. I primi quattro a essere reclutati furono un professore di Farmacia di Marsiglia, due professori di Biologia dell'Università di Borgogna, un tossicologo di Tolosa e uno scienziato dell'Università di Brest a cui furono corrisposte in franchi svizzeri somme tra i 2500 e i 52.500 euro sui loro conti personali.
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