Il calcio francese ha annunciato la serrata per l'ultimo week end di novembre. Ho scritto serrata perché sono i presidenti dei club e non i calciatori a spegnere la luce. Gli stadi resteranno aperti, ci sarà festa con i calciatori e i tifosi ma niente partite, niente gol di Ibrahimovic o Cavani, stop. Perché? Perché François Hollande, l'uomo che ha le physique di un maitre d'hotel, dall'hotel Matignon per l'appunto, che sarebbe la residenza ufficiale sua e del governo di Francia, ha ribadito che i club di calcio devono pagare una tassa pari al 75% per i redditi superiori al milione di euro che garantiscono ai loro dipendenti. Non i calciatori milionari ma chi li paga, dunque, dovrà versare il tributo, questo ha sentenziato l'Assemblea nazionale, venerdì scorso. Liberté, égalité, fraternité, gli allonsenfants sognano di proseguire la rivoluzione, ma sui tre sostantivi non trovi un solo francese che sia d'accordo con il proprio vicino, anzi il fenomeno di Marine Le Pen con la sua montata clamorosa nei sondaggi elettorali, ribadisce che la misantropia ormai ha preso al cuore e alla pancia i francesi, quelli della capitale e dei villaggi. Le tasse e la globalizzazione maligna, una falsa uguaglianza sociale, la protezione non soltanto dei bisognosi ma anche di chi non ha diritti e non rispetta i doveri del citoyen, dalla Normandia alla costa Azzurra, escluso il principato di Monaco, questo è il veleno che sta intossicando il Paese. Non ho portato a caso l'esempio di Montecarlo, perché, proprio nel football, il Monaco gode un privilegio fiscale del quale tutti hanno approfittato per anni, i dipendenti del club, allenatori e calciatori e anche le società concorrenti che hanno potuto «trattare» con facilità operazioni di calciomercato. La decisione del governo Hollande va a colpire un movimento che è già carico di un debito di 108 milioni e che è mascherato dal Paris Saint Germain e dal Monaco, i club passati nelle mani di emiri del Qatar e tycoon russi. Il resto è in crisi aperta, Jean Pierre Louvel, presidente dei club professionistici francesi, ha detto che ormai sono tutti sull'orlo del burrone, il Partito Comunista ha ovviamente subito controbattuto denunciando un sistema scandaloso di lobby. François Hollande, tifoso di Platini dei bei tempi, e del Nantes e del Marsiglia, ha di recente ammesso che quando decide di appassionarsi per una squadra questa finisce retrocessa, dichiarandosi ufficialmente un portasfiga. Ma al di là del folklore la battaglia di Francia si fa seria. Il governo parla di parità di doveri, il popolo urla che così non è, nella realtà, i club di calcio sono un buon teatro per la recita politica, la serrata dei presidenti, votata all'unanimità, porterà il problema al centro dei dibattiti. Nel novembre del 1972 furono i calciatori a fermarsi, quello fu uno sciopero vero, deciso dal capo del movimento, tal Raymond Domenech (ricordate quel simpaticone del ct della Francia battuta ai rigori nella finale mondiale dall'Italia di Lippi nel 2006? Sì, proprio lui), allora capitano del Lione riunì tutti i compagni a Versailles e dichiarò sciopero chiedendo la libertà di svincolarsi dal contratto firmato con il club. Oggi sono i presidenti a battere i pugni sul tavolo, il governo «s'en fou du foot» se ne fotte del football, anzi lo butta in piazza, perché per la sinistra, non soltanto francese, i ricchi devono piangere e, possibilmente, diventare poveri. In verità qui i ricchi hanno le pezze al sedere, mentre continuano a ballare la marsigliese i calciatori. Infatti la legge carica i tributi sulle imprese che garantiscono alti stipendi e non più soltanto sui singoli individui. Gerard Depardieu ha dato il primo colpo, battendo in ritirata di Russia, Alain Delon ha offerto il suo appoggio a Marine Le Pen, adesso il calcio annuncia la barricata dinanzi all'hotel Matignon, dove François Hollande riceverà le parti la prossima settimana. Grazie alla legge, il Fisco riceverebbe 44 milioni, la metà dei quali soltanto dal Paris Saint Germain. L'emiro del Qatar ha subito sottoscritto la serrata. Ryboblev, il russo padrone del Monaco di Montecarlo, se la sta godendo.
Lui non firma perché non fa parte della Francia ma gioca con i francesi. Lui ha conosciuto la sinistra, quella sovietica, per la quale la traduzione di sciopero, grève, strike, era: «Siberia». Hollande è un dilettante allo sbaraglio e alla fine mollerà.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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