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Strage di Madrid, 10 anni dopo. Ci siamo abituati all'orrore

Da Atocha al sospetto attentato all'aereo in Malaysia, la minaccia oggi è perfino più diffusa. Eppure sembra lontana e fa meno paura

Un poliziotto thailandese con la foto del passaporto rubato a Luigi Maraldi
Un poliziotto thailandese con la foto del passaporto rubato a Luigi Maraldi

La dimensione della tragedia è nei numeri. Centonovantuno corpi straziati e duemila feriti. Numeri così in Spagna, in Europa, non si erano visti mai. Nell'88 c'era stata Lockerbie, la bomba sull'aereo, i 200 cadaveri precipitati su una cittadina inglese. Ma quell'11 marzo del 2004 era peggio. Era l'11 settembre nel cuore dell'Europa. Era il terrorismo accanto a noi. Ovunque. Nel metrò, allo stadio, sotto il pastrano dell'immigrato che ti sorride. E non è più solo un disgraziato in fuga da dittature e povertà. Può esser altro. Ma lo scoprirai solo prima di morire. Questo furono Atocha e i suoi morti dieci anni fa. Non lo sono più oggi. Prova ne sono le parole con cui Fortunato Giovannoni, presidente degli operatori turistici, reagisce alle raccomandazioni della Farnesina di evitare i viaggi a Sharm El Sheikh dove cresce il rischio di attentati anti-occidentali. Dimenticate le bombe di Atocha e quelle del luglio 2005 che a Sharm fecero 88 morti, sei dei quali italiani, Giovannoni si lamenta perché l'allarme, diramato di venerdì, crea caos in partenze e arrivi. Insomma mentre un aereo scompare dai cieli dell'Asia e si sussurra d'una bomba a bordo, il terrorismo non sembra più una minaccia, ma una seccatura. Dieci anni di consuetudine l'hanno ridotto a bagatella, all'equivalente di uno sciopero nel fine settimana. Ci conviviamo con il fatalismo con cui nelle foto d'inizio estate i bagnanti s'abbronzano accanto alla coperta stesa sul primo annegato. O come gli automobilisti infuriati per l'incidente in cui qualcuno, perdendo la vita, ruba loro minuti preziosi. Eppure davanti ad un corpo straziato nessuno lamenterebbe i minuti perduti. Con il terrorismo è lo stesso. Non vediamo più le bombe esplodere e non ne percepiamo più l'orrore.

L'esatta percezione di una minaccia terroristica molto più diffusa, rispetto a dieci anni fa, basterebbe però a spegnere il disappunto di Giovannoni o di chi protesta per gli eccessivi controlli. Dieci anni fa Al Qaida era un presenza insidiosa, ma isolata. Era una setta guidata da un personaggio carismatico come Bin Laden, ma localizzata in Pakistan e Afghanistan, priva di un seguito di massa. In Medio Oriente, Asia, Africa ed Estremo Oriente persino i gruppi più fondamentalisti prendevano le distanze dai suoi metodi e dalle ideologie di Al Qaida. Oggi Bin Laden è stato ucciso e i suoi luogotenenti decimati, ma la loro ideologia sopravvive e conta su un seguito ancor più ampio. In Africa grazie ad Al Qaida Maghreb si estende dall'Algeria alla Tunisia, dalla Libia al Mali al Niger, si congiunge a sud con le cellule Boko Haram in Nigeria, può contare a est sugli shebab somali e sui loro militanti in Kenya. Le «primavere arabe», interpretate in Europa come una vittoria democratica, hanno spinto movimenti come quelli dei Fratelli Musulmani, estremisti, ma immuni un tempo dalla tentazione della lotta armata, ad abbracciare tecniche e tattiche del terrore. L'attentato di Bengasi costato la vita all'ambasciatore americano, l'Egitto e il Sinai dove il terrorismo sconfitto da Mubarak rialza la testa ne sono la prove. Come lo sono lo Yemen, dove Al Qaida è potenza locale e l'Afghanistan dove i talebani - cacciati nel 2001- minacciano di riprendere il potere dopo il ritiro della Nato.

La dimostrazione più evidente di un terrorismo trasformatosi da setta in potenza territoriale e transnazionale è la Siria. Lì due organizzazioni legate ad Al Qaida come Al Nusra e l'Isis monopolizzano una rivolta che gli occidentali s'illudevano di addomesticare. Lì i metodi spietati degli alqaidisti attirano volontari dall'Europa e dagli Stati Uniti. Lì combattono più di seicento volontari partiti dal vecchio continente e circa trecento provenienti dagli Stati Uniti. Da lì tornano in Europa e vivono accanto a noi estremisti addestrati al combattimento, avvezzi agli orrori della guerra. E sui barconi dei clandestini muovono verso l'Italia immigrati provenienti da zone dell'Africa dove Al Qaida impone le sue regole. Dieci anni dopo Atocha abbiamo banalizzato il terrorismo, ci siamo assuefatti all'orrore e abbiamo imparato a conviverci.

Ma intanto quel terrorismo ci ha circondato.

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