Un lupo rabbioso, crudele e rancoroso convinto di dover difendere l'Islam dal male americano. E alle sue spalle un lupetto obbediente e servizievole, deciso a non deludere il fratello maggiore. È questo il quadretto uscito dall'ospedale dove il magistrato Marianne Bowler ha concluso ieri l'udienza preliminare davanti al letto di Dzhokhar Tsarnaev, il più giovane dei due fratelli d'origine cecena responsabili dell'attentato di Boston. È un'udienza per modo di dire. Dzhokhar, sopravvissuto al colpo in bocca con cui ha tentato di suicidarsi, è intubato e difficilmente recupererà la parola. Nonostante le ferite alla testa, alle gambe e alle mani è però lucido, reattivo e disponibile ad interloquire con gli inquirenti. Ma anche deciso a evitare il patibolo. Già ieri ha richiesto l'assistenza di due avvocati esperti in casi di pena capitale.
Il giudice Bowler non è la sola a fargli domande ricevendo in risposta cenni del capo o bigliettini. Al capezzale del terrorista incriminato per omicidio e utilizzo di armi di distruzione di massa raccolgono «pizzini» anche Fbi e Cia. Il loro obbiettivo più urgente è scoprire se Dzhokhar e Tamerlan facessero parte di una rete jihadista o fossero due «lupi solitari». L'Fbi, però, ha anche i suoi problemi a cui pensare: il Congresso intende infatti approfondire le cause della insoddisfacente gestione da parte della polizia federale delle segnalazioni che riguardavano il maggiore dei fratelli Tsarnaev, che da tempo veniva indicato come un seguace dell'islam più radicale.
Le indagini sulle bombe escludono, per ora, collegamenti con una presunta cellula individuata negli Stati Uniti. Sul fronte internazionale nulla sembra smentire il comunicato con cui l'Emirato del Caucaso, una delle formazioni cecene legate ad Al Qaida, ha escluso qualsiasi connessione con la strage di Boston. Altrettanto fantasiose appaiono le voci diffusesi ieri in Spagna dove l'arresto d'un algerino e un marocchino collegati ad Al Qaida nel Maghreb ha fatto ipotizzare nessi con la vicenda americana.
Gli inquirenti per il momento sembrano dunque dar credito al malconcio Dzhokhar. Nei suoi bigliettini il «lupetto» solitario ribalta sul defunto fratello maggiore tutta la responsabilità per l'ideazione e l'organizzazione dell'attentato. Il 26enne Tamerlan, convintosi che l'Islam fosse minacciato dalle campagne americane in Iraq e Afghanistan, avrebbe persuaso il fratellino a seguirlo nel delirante piano. Ovviamente il racconto va preso con le molle. L'idea di due lupi solitari manovrati dalla sconnessa personalità di un Tamerlan in bilico tra squilibrio mentale, fanatismo e disadattamento sociale è suffragata anche dall'emergere di altri particolari. I più inquietanti sono quelli legati all'assassinio di tre uomini ritrovati sgozzati il 12 settembre 2011 in un appartamento di Waltham, una cittadina a 18 chilometri da Boston. Il 25enne Brendan Mess, il più giovane dei tre assassinati, era un lottatore, frequentava la stessa palestra di Tamerlan ed era considerato il suo migliore amico. Le altre due vittime, il 31enne Erik Weissman e il 37enne Raphael Teken, erano invece ebrei.
Questo elemento unito alla modalità e alla data del delitto, un triplice sgozzamento commesso all'indomani del decimo anniversario dell'11 settembre, doveva già indurre qualche sospetto. Ma le stranezze non finiscono qui. Quel 12 settembre l'assassino cosparge i tre cadaveri con le dosi di marijuana che Mess abitualmente spaccia e consuma, ma abbandona accanto ai corpi insanguinati una mazzetta da 5500 dollari. Con il senno di poi quel delitto sembra oggi un assassinio rituale attribuibile forse ad un Tamerlan infuriato con l'amico pusher ed «infedele» e i due complici ebrei colpevoli di aver iniziato alla droga il fratellino Dzhokhar.
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